Luna- scritta il 20 novembre 1994

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Mi son fatto venire gli occhi rossi,

a furia di guardare fuori dalla finestra

la luna che splende alta nel cielo notturno.

La sua luce mi ricorda i tuoi occhi;

lo splendere di quei due diamanti

che per te sono occhi

e per me sono vita.

E sorridi quando dico che ti amo,

e si accende nei tuoi occhi

una luce profonda;

la stessa luce che questa notte

la luna dona al mondo intero.

Eppur son triste perché vorrei,

si, vorrei un raggio di luna

tutto per me.

Vorrei che la sua luce

splendesse solo per me.

Vorrei che mi restituisse

l’immagine di colei che amo,

per fare in modo che mi stesse vicino,

senza ch’io debba perder la vista

a guardar fuori dalla finestra

ed aspettare lei, che non viene.

 

Il poeta maledetto

 

Riflesso d’amore – scritta il 26 giugno 1994

 

Capita a volte di innamorarsi,

ma a me è capitato

di innamorarmi della creatura

più bella ch’io abbia mai visto.

Due occhi, che son due pietre preziose.

I capelli, che son l’argento del mare

mosso dal vento.

Un viso, che è la perfezione

nel suo grado più alto di concezione.

Il suo sguardo è un fulmine a ciel sereno.

E fremiti mi assalgono quando la vedo;

quando vedo la mia immagine,

riflessa in uno specchio.

 
Il poeta maledetto

Notte infuocata – scritta il 6 giugno 1994

 

E’ notte fonda,

ma un bagliore strano

illumina la stanza.

Apro gli occhi,

viene dalla finestra,

mi affaccio.

Uno spettacolo meraviglioso,

un cielo gremito di stelle.

Di qualsiasi grandezza

e di qualsiasi intensità luminosa,

brillano in un’aria imbalsamata,

dove tutto è fermo.

Poi scorgo la fonte del bagliore.

Leggermente più a destra

dell’orsa maggiore

vi è una stella che sta bruciando.

E si consuma piano

nel suo crudele gioco di fiamme.

Come fare per salvarla?

Come spegnere l’incendio

su quella stella lontana?

Giro lo sguardo, torno a dormire,

chiudo gli occhi.

Non vedo più fiamme,

non v’è più bagliore.

Ho spento l’incendio,

la stella non brucia più.

 

Il poeta maledetto

Te senza me – scritta il 2 giugno 1994

 

Ma che senso ha la libertà

se le strappi gli occhi, la lingua,

e la lasci morire insieme a te?

Stai morendo in nome di qualcosa

che hai già ucciso.

Avresti potuto

spiegar le tue angeliche ali

e volar via

lontano da tutto e tutti.

Avresti potuto costruire

un mondo nel tuo cuore,

città dopo città.

che avrebbe testimoniato

la tua grandezza.

Avresti potuto dare all’universo

con le tue parole,

il dolce silenzio

che vaga nella notte,

e che sussurra agli animi

pace e speranza.

Avresti potuto essere una stella

e illuminar la notte con la tua luce.

Ma hai preferito perdere

quello che avresti potuto fare,

per quello che avresti potuto sognare

e non avere mai.

E ho visto un angelo chiudersi nel cesso.

Ho visto palazzi cadere,

città dopo città distruggersi

e lasciar soltanto macerie.

Ho visto la luna piangere

e singhiozzante coprirsi di nuvole,

per nascondersi.

E ho sentito le grida agghiaccianti

di chi ha perduto per sempre il silenzio;

di chi spera in qualcosa che ha già ucciso;

di chi stringe tra le mani per l’ultima volta

qualcosa che non avrà mai più.

Ho visto una stella perder la sua luce.

Ho visto te, senza di me.

 

Il poeta maledetto

Riflesso in me – 14 gennaio 2009

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I miei occhi si voltano

ad incontrare i tuoi.

Le mie labbra si muovono

all’unisono con le tue:

“Cosa stai facendo alla mia vita?”

Sorridi, volti le spalle.

Poi ritorni a guardarmi.

Dovrei conoscerti

eppur mi sorprendi.

Non c’è giorno in cui io non pensi

di saper sempre meno di te.

Vivo l’ombra della tua immagine,

scrollando tempo e polvere

da spalle ormai stanche di vivere.

E tu,

sempre pronto, vigile,

non demordi mai.

Nelle mie vene scorre

nero veleno di sconfitta.

E resto solo il riflesso

di un’immagine non mia

che da uno specchio,

chi ti osserva,

confonde con me.

 

Il poeta maledetto

Piccola notte – 25 luglio 2008

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Imbarazzo e seduzione,

d’un incontro a pelle nuda.

Sorrisi e sguardi,

e tempo insieme,

e parole, dette, sussurrate.

Poco importanti e senza senso.

Dette soltanto per frenare la passione.

E carezze e baci,

a ricordar che l’anima pretende.

E vicini, più vicini,

ad ascoltare il battito del tuo cuore, del mio.

Ed il tuo corpo sul mio,

a ricordar che anch’egli pretende.

E resto tuo, imprigionato dai tuoi occhi,

persi nei miei a chiedere e ottenere.

Poi ti regali a me,

cedendo la tua forza al tuo concederti.

Ed io son qui,

per prender quel che m’offri,

e stringer più forte a me i tuoi fianchi,

la tua bronzea pelle.

Prigionieri liberati dall’amore di una notte.

A chiederci e pretendere altre notti,

assaporare ancora quel profumo di me e di te,

tra le lenzuola come onde

d’un mar che geme, freme, infuria e burrasca.

S’acqueta infine, soddisfatto e calmo,

degli occhi tuoi nei miei a sorridere,

come ragazzi al primo perdersi nel mondo dei grandi.

Un presente piacevole,

un futuro, dolce ricordo.

Dedicata a “Karina” – grazie per la splendida notte passata insieme.

Parole maledette – 24 luglio 2008

Parole e parole.

E versi e strofe.

Poesie e racconti,

a breve romanzi.

Quante inutili parole.

Parole belle, struggenti, d’amore,

d’odio e rancore.

Che arricchiscono l’anima,

che scaldano il cuore.

Che donano passione,

speranza, gioia e stupore.

Invidia, illusione,

delusa partecipazione.

Parole che vivono in se e di se.

Trasportate dal vento,

battute dal sole,

bagnate dall’acqua,

bruciate dal fuoco.

Germogliate in terra,

come semi di primavera.

Inutili parole d’amore,

che non sanno descrivere l’anima,

e non parlano il linguaggio del cuore.

Ci provano attraverso me,

che ogni volta fallisco.

E maledetto per questo.

Perché parole son parole,

e i sentimenti sono altra cosa.

E non s’incontrano che per brevi momenti,

soltanto nel cuore di chi le ascolta.

Così son poeta per raccontare e non per scrivere.

Di emozioni provate o soltanto immaginate,

ma vissute con l’animo,

e rivissute in chi le ascolta.

E son poeta maledetto, non per me stesso.

Per chi mi ascolta.

L’angelo Soniah

C’era una volta un angelo…
quest’angelo si divertiva a prendere sembianze umane
sotto forma di un uomo prima, e di una splendida donna dopo…
e a confondersi tra i comuni mortali.
Sembrava proprio una donna, affascinante, ma una donna.
E si dilettava a confondere le menti inferiori,
pur se ognuno che s’imbattesse nel suo parlare… ne usciva sconfitto,
ma arricchito nello spirito.
Davvero intrigante… il suo parlare come quello della sfinge,
i suoi quesiti, nascondevano già la risposta.
E non potevi far altro,
che darle ragione.
E fu così per millenni.
E la sua bellezza cresceva,
come la sua saggezza.
Nessuno avrebbe mai sognato di contrariarla,
e da tutte le parti del mondo,
venivano a chiederle consiglio.
L’oracolo, l’angelo disceso sulla terra.
I re, i grandi della terra venivano a lei,
perch’ella potesse dar loro un responso,
un vaticinio sulle loro imprese future,
un auspicio di lunga vita.
L’angelo, Soniah:
che in lingua aulica significa anche beatitudine,
aveva una posizione davvero invidiabile,
l’essere più potente della terra.
Ma…
Quella sua posizione era anche scomoda e difficile.
Era sempre una creatura straordinaria, ma unica al mondo.
E chiunque la guardasse, la vedeva come un essere diverso, sovrumano.
Così l’angelo Soniah, circondata da popoli interi…
riusciva a sentirsi sola e non accettata.
La folla l’acclamava e lei… nel suo cuore sentiva silenzio.
Così, in una notte di luna nuova,
si rivolse all’Altissimo invocando la sua supplica:
“Mio Altissimo Signore,
io sono da innumerevoli ere una tua servitrice,
non una volta son venuta meno al mio compito.
Ed ora son qui per Tuo volere,
a rischiarare l’ombra che è scesa come un velo
a ricoprire il corpo di questa terra solitaria.
Ti prego ascoltami…
Dammi la compagnia di qualcuno,
che possa regalarmi un sorriso.”
Ma la sua voce si perse nel profondo della notte.
Iniziò a piovere, così Soniah, sconfortata,
ritornò nelle sue stanze e pianse.
E le sue lacrime cadendo in terra, si tramutavano in petali di rose.
Emanando un profumo che avvolse in quella sera senza luce,
tutto il palazzo, tutta la città, tutta la regione.
Ma la sua supplica non era stata inascoltata,
e l’Altissimo pianse, perchè sapeva che quella supplica era sincera,
perchè sapeva quanto Soniah l’aveva e l’avrebbe servito…
Ed anche perchè quella supplica era nel cuore dell’Altissimo,
ancor prima che lei la recitasse.
E ancor prima che lei la pensasse… L’accoglimento era già stato deciso.
Così, quella notte profumo di rose e lacrime dal cielo si fusero,
creando la realtà del sogno di un angelo.
E i giorni passavano, e gli occhi color miele di Soniah, brillavano di meno
seppur paragonabili ancora al vespro del mattino.
Ma tra la folla che a lei veniva,
in un mattino ventoso di fine giugno,
un uomo, occhi cerulei, profondi,
si avvicinava a lei,
passo dopo passo.
Aspettando il suo turno.
L’unico che non recasse doni,
per il responso desiderato.
E quando la frotta di re e potenti fu terminata,
e ai piedi di Soniah brillavano monete d’oro e pietre preziose
liberando riflessi in ogni direzione,
e lei sembrava ancor più bella assisa sul suo trono, in cima ad una lunga
scala, i capelli fluenti, gli occhi brillanti, il viso scolpito da mani
divine, il corpo di una perfezione unica,
quest’uomo le fu davanti e le si avvicinò,
mostrando i palmi delle mani vuote, senza doni.
Che strane mani… un’unica linea solcava il palmo da parte a parte,
formando una A dove i comuni mortali hanno una M.
Qualcosa di semplicemente particolare.
Un lungo intenso sguardo,
occhi negli occhi,
e poi silenzio.
Un silenzio carico di mille e mille parole non dette.
E tutti gli sguardi si concentrarono su Soniah, la beatitudine
e sullo sconosciuto silente.
Qualcuno tra la folla iniziò a recitare: “il dormiente è sveglio”.
E un’altra voce seguì: “il dormiente è sveglio”.
Qualcuno urlò: “il dormiente è sveglio”,
e la folla si ritrovò ad incitare ritmicamente,
mentre cerulei nel miele, il silenzio continuava.
Soniah si alzò in piedi, rivolgendosi allo sconosciuto:
“qual’è la tua domanda straniero?”
E la sua voce suonò come una melodia,
come un canto d’usignoli al mattino,
mentre accompagnano i primi raggi di sole.
E lui: “Tu chi sei?”
E lei: “Soniah”
e lui di nuovo, senza distogliere la sguardo dai suoi splendidi occhi:
“Tu chi sei Soniah?”
In quell’attimo un pensiero sublime passò nella sua mente,
come fosse un possibile futuro. E lesta rispose:
“Colei che è qui per essere amata. E tu chi sei?”
Lo sconosciuto fece un passo verso di lei e disse:
“Io sono Davideh”
Curioso, pensò Soniah il cui nome significa sapienza; Davideh il cui
nome significa amato da Dio… Letti in sequenza sarebbero la sapienza
amata da Dio. Che sia un segno? E subito chiese:
“E tu chi sei Davideh”
A quelle parole, dette con una voce che sveglia i sensi di ognuno, tutti
i presenti ebbero un brivido alla schiena e si zittirono.
Ed anche Davideh al suono di quella dolce melodia, chiuse gli occhi,
per un attimo, perchè potesse coglierne tutta la spiritualità, tutta la
beatitudine e un pensiero sublime passò nella sua mente,
come un possibile futuro. E lesto rispose:
“Colui che è qui per amarti.”
Un altro passo verso di lei, un passo verso di lui,
e le loro labbra furon vicine,
assaporando le une il profumo delle altre.
Un lungo bacio, un attimo, in cui il tempo sembrò fermarsi.
Risaputo ormai che l’amore è un attimo da vivere in eterno,
e che quand’egli presenzia, tutto il resto perde significato.
Così, guardandosi negli occhi, un attimo successivo fu un successivo
bacio, e ancora, e ancora una volta.
Lasciato trono e ricchezze, i due discesero la scala, sparendo ai
mortali sguardi e confondendosi all’orizzonte, in un unico armonioso
completarsi, per sempre.
Finiva la missione dell’angelo,
cominciava quella dell’amore.

Dedicato a Sonia, per i brevissimi ma intensi attimi di vita sua, che ha voluto condividere con me.

Grazie.

Davide

il poeta maledetto

Gigi Finizio – Un Angelo (maledettissima pazzia)

Gigi Finizio > Per Averti (2005) > Un Angelo
 
http://ilpoetamaledetto.myblog.it/media/01/02/2681f6b29c7634493391ee4f16fe6fb8.mp3 

Non ci avrei scommesso mai,
Finisce tutto qui…
Non ci avrei scommesso mai,
Mi mandi al diavolo…

Come un gioco a casa mia,
Vedo un sogno andare via,
E sorseggio intorno a me,
L’amaro che ho di te…

Trattenerti ancora qui
Mi sembra poco ormai…
Oltre a piangere però,
Sarei patetico…

Manca poco ad andar via,
Io respiro la tua scia,
Sembra quasi una magia
La mia maledettissima pazzia…

Ti fa sembrare un angelo
Nel momento che saluti e te ne vai,
Dal mio corpo vedo quasi uscire l’anima,
Ci pensi amore mio,
Ti amo pure quando dici addio…
Rimani ancora un attimo,
Perché un attimo diventa un’ora in più…
Sai farlo solo tu…
Un cielo senza nuvole,
È quello che mi dai,
È quello che io non ti ho dato mai…

Io non sono un vero eroe,
Lo devo ammettere…
Ma non è una grande idea
Tornare liberi…

Io non c’ho pensato mai,
Continuare senza noi,
Forse l’ho deciso anch’io…
E la maledettissima pazzia…

Ti fa sembrare un angelo
Nel momento che saluti e te ne vai,
Dal mio corpo vedo quasi uscire l’anima,
Ci pensi amore mio,
Ti amo pure quando dici addio…
Rimani ancora un attimo,
Perché un attimo diventa un’ora in più…
Sai farlo solo tu…
Un cielo senza nuvole,
È quello che mi dai,
È quello che io non ti ho dato mai…

20 luglio

Buon compleanno Davide,

i tuoi 33 anni ti regaleranno grandi sorprese….

Devi solo andare a letto e fare un bel sogno,

sperando di svegliarti direttamente domani.

Un grazie sentito alla mia amica di chat didlina875

che è stata la prima allo scoccare della mezzanotte

a farmi gli auguri.

Grazie dolce amica! Che la vita ti sorrida sempre: te lo meriti.