Ascolto – 19 settembre 2008

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Sono ancora qui.
Flebile voce in attesa di recidere
ultimo legame con realtà.
Evanescente forma che sol raggio di luna sa svelare.
Non parlo, ascolto;
chi come te ad inseguir la luna spera,
un giorno di poterla conquistare.
Aspetto e di parol mi nutro,
sentimenti ch’abbandonati furono perduti.
Son qui, rimango,
ancora non sbiadisco
in fulgida apparenza e giorni senza fine.
Di notte permeo l’aria,
di quel silenzio che mi è proprio.
E col silenzio ascolto,
chi come te mi grida,
ch’è stufo di parole
di chi ascoltare più non vuole.

 

Il poeta maledetto

Appassita rosa – scritta il 17 settembre 2008

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Rosa mia adorata, inebriato fui
profumo tu volesti cedermi.
E d’amore m’ebbriai.
Come mieloso nettare assaporai,
mangiai, goloso
senza mai saziarmene.
E pretesi e presi.
Di giorno in giorno,
a goccia a goccia presi.
Senza capire che veleno ess’era.
Senza capir che la mia anima ti davo.
E d’un bocciolo mi facesti dono,
perch’io più forte mi stringessi a te,
ch’io non sentissi quelle spine,
che il cuor straziando mi trafissero.
Ed appassita rosa, ora io ti guardo.
Ché liberar non posso la mia essenza,
avvinto a questo rovo,
di cuore e spine in unica presenza.
Tu che volasti via col primo vento,
veleno tuo lasciasti in me
ch’io ne morissi,
ma lentamente.
Più strazio ancor ti vuoi cibare,
com’io di nettare pretesi, volli.
Un grido mio, l’ultimo,
ti troverà nel vento,
ma non compiacerà le membra tua.
Gelare in petto quel che resta del tuo cuore sentirai.
Mia rosa, mia tomba,
un modo c’è ch’io possa liberarmi.
Un modo che rosa sapea ma rifiutava,
un modo ch’or tu distratta hai scordato.
Ma vinto, no, non sono.
Sconfitta tua, ch’abbandonasti amore.
Legato a me, appassito e vinto,
il cuore tuo tra rovi e spine mi lasciasti.
Leggera volerai, ma senza cuore,
non più timone avrai tra turbinii e folate.
Povera rosa mia, mia d’un eterno passato amata.
Le tue radici strinsi tra le mani
ed or le strappo a questa terra.
Io me ne vado in un ricordo,
quel che di rosa amai,
or più non v’è.
E me ne andrò col mio passato,
e il tuo futuro tra le dita.

 

Il poeta maledetto

Il sole – scritta il 16 settembre 2008

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Qual pioggia d’agosto

a goccia a goccia in gran fragore,

é lampo, é tuono;

così mi scese in pomeriggio grigio

malinconica tristezza in cuore.

E nessuno bussò alla mia porta,

che fosse idea o pensiero

di ciò che fu,

o inafferrabile certezza

di speme futura in ciò che sarà.

A chi affidar secondi ed ore

imperituro scorrere del tempo?

E giorni e gocce,

scandir con spuma in rigolo silente

di lontananza passo,

più piccolo a vedersi dal cuore.

Così m’incamminai senza riparo.

In attesa che sorridesse ancora

il sole.

 

Il poeta maledetto

Il silenzio del cuore – 9 settembre 2008

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Quando un battito spezzato e stanco mi scandiva le ore,
quando due labbra serrate eran riflesse nello specchio,
quando nell’ombra di una stanza
ho incrociato con lo sguardo il nulla,
quando tremante per la rabbia,
mi sono inginocchiato e ho pianto,
aspettando una carezza che non sarebbe arrivata,
è stato allora che ho conosciuto
il silenzio del cuore.

 

Il poeta maledetto

Ti parlerò di me – scritta il 6 settembre 2008

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Ti parlerò di me,

anche se ne so poco quanto te.

Ti parlerò di come mi sorprendo

ogni giorno a scoprirmi diverso.

Ti parlerò di me, di quel che faccio,

di quando al mattino a veder

sorgere il sole m’affaccio.

Ti parlerò di me, di quel che sento,

voci, suoni, desideri e parole in tormento,

che piano scivolano in silenzio,

portate via dal vento.

Ti parlerò di me, di quel che vedo,

riflesso nei tuoi occhi di ragazza,

quando affacciandoti nel sole,

nel silenzio di voci e suoni e parole,

contorno evanescente dei pensieri del cuore,

mi guardi.

Dei tuoi occhi profondi nei miei.

D’un sorriso e una carezza,

mentre confondo i giorni miei coi tuoi.

Ti parlerò di me,

di come ogni momento,

io parli di te.

 

Il poeta maledetto

Spiga di grano – scritta il 29 agosto 2008

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Natura non potea nuocere me, spiga di grano.

E vento e pioggia e fulmine e fuoco,

a tutto sopravvissi.

Maligna e delicata mano venne per recidermi,

e in lei m’abbandonai,

del tocco suo, io mi fidai.

In lei vedevo nuova vita,

illuso di falcetto e mano,

il mondo mio furon le sue dita.

E dolore e morte.

Ma chicco abbandonai

che speme fu di ritornare al sole.

Ed or mi trovo qui a raccontare,

rinato in fiume d’oro,

la mia vita nel vento abbandonare.

 

Il poeta maledetto

E il destino bussò alla mia porta – scritta il 28 agosto 2008

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Fu un attimo.

Limpido cielo rimirare,

caldo sole da godere,

fresca aria respirare.

Poi scura tenebra e tremare.

D’un freddo che nel cuore

prese ad albergare.

Tempesta, burrasca,

panni stesi d’improvviso a bagnare.

E indaffarate massaie correre a riparare.

Finestre battenti a chiudere,

e balconi e verande a ritirare.

Ma raggio di sole,

in su le nuvole tornò a bussare.

Così squarciata oscurità

di passo a luce ritornò a lasciare.

E fu calore e gioia

e vita da godere.

D’un caldo che un sorriso

fece ritornare.

Così bagnata via riprese a camminare,

città deserta in riparo,

tornò ad uscire, a vivere, a sognare.

Un attimo fu.

Vita qual brezza,

leggera, calda da godere,

frizzante monotonia da assaporare.

Poi scura tenebra e tremare.

D’un freddo che nel cuore

prese ad albergare.

Tempesta, burrasca,

occhi al vento d’improvviso a bagnare.

Non un sorriso ci fu a riparare,

Una carezza, una parola.

Balconi e finestre chiuse,

la vita mia nascostasi a tremare.

Di tenebra maligna, e solitudine,

rancore e odio e miseria d’animo,

senza accorgersene si prese ad ammalare.

Ma raggio di sole,

alla mia porta venne a bussare.

E avea occhi di cielo,

e spalle di colline morbide

di frutti cariche, da assaporare.

E pelle profumata di fiori di campo in distese,

su cui correre e volare.

E labbra di fuoco in fiume e rapide

da lasciarsi catturare,

e trasportare e fino al mare arrivare,

e li perdersi e naufragare.

Così parlò lei,

e melodia fu

d’usignoli al mattino

e cinciallegre a mediana.

Ma quel che disse

ripeter non saprei.

Giacche già m’ero perso

tra cielo suo e suo mare.

Poi si voltò e petali di rose

vidi ancheggiare.

E bruna pelle

accarezzata dal sole,

su fiumi d’ortensie e malva

vidi scivolare.

Piano, lento,

perché non fosse troppo breve,

il tempo per poterla eternamente ricordare.

E il suo profumo m’inonda ancora,

di mossi capelli i miei pensieri avvolge.

E fu quell’attimo a bastare

alla mia vita nuova origine dare.

E rivoluzione mi ritrovai,

di quel sole, quella luce anelare

e cominciare a girare.

Fu lei, destino mio,

un’ora fa,

Alla mia porta a bussare.

 

Il poeta maledetto

Non mi dispiace – scritta il 16 agosto 2008

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Mi hai visto piangere.

Passavo così,

lacrime agli occhi,

nel buio di quella casa

dalle persiane abbassate.

Dove solo il mio corpo avevo lasciato

a vegetare.

Mi hai visto piangere

quando ti sono passato di fianco,

trasparente nella tua indifferenza.

Senza accorgerti di me,

perso nella mia delusione,

nel mio dolore.

Annientato dall’illusione

che mi avevi messo in cuore.

E ti sei meravigliata di quel pianto,

di quando con la stessa innaturale freddezza

disumano distacco,

del predatore che divora la preda ancora viva,

ed essa con gli ultimi sprazzi di vita,

cerca ancor di reagire e divincolarsi,

ben sapendo che il suo destino è segnato,

mi dicevi che un’altra ti diceva,

che mi vedeva ancora innamorato,

a te legato.

E che saremmo tornati insieme.

E me lo dicevi per farmi star male?

o per convincerti in un mio dissenso che

la cosa era impossibile?

O semplicemente per meravigliarti di quell’insignificante uomo

e del suo stupido, inutile pianto?

Ed io piangevo.

Ma non esistevo nel tuo cuore.

Preso da un’illusione,

dimentico di tutto l’amore dato e ricevuto,

per sentirti donna,

e meno mamma.

E meno moglie.

Non mi dispiace del tuo dolore,

come a te non dispiace del mio.

Mia falsa, purtroppo sconosciuta,

compagna di vita passata.

Mi sforzerò di regalare un sorriso

ad una sconosciuta di domani,

fingendo ch’io sia ancora

capace di farlo.

 

Il poeta maledetto

Mi dispiace – scritta il 15 agosto 2008

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Ti ho vista piangere.

Passavi così,

lacrime agli occhi,

nel buio di questa via

male illuminata.

Ti ho vista piangere

quando mi sei passata di fianco

senza accorgerti di me.

Persa nel tuo dispiacere,

nel tuo dolore.

Avrei voluto asciugare quelle lacrime,

fermare quel pianto.

Dirti che mi dispiace di non conoscerti,

di non conoscere il motivo,

di non sapere che parole usare

per poterti consolare.

Mi dispiace del tuo dolore

mia triste, sconosciuta amica.

Mi sforzerò di regalare un sorriso

ad una sconosciuta domani,

fingendo che sia tu.

 

Il poeta maledetto

Notte – scritta il 12 agosto 2008

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Notte.
Notte di aliti di vento,
melodie lontane,
frasi e parole portate dal vento.
Ascolto.
Tendo l’orecchio a carpir dei segreti,
non miei e che nemmeno m’interessano.
Testa all’indietro,
sguardo al cielo.
Quante stelle, dov’è la mia?
Che bella luna,
da quando son nato m’affascina,
mi prende,
rapisce i miei sensi.
Ma adesso un pensiero,
nella mente mi rode.
Lei, dov’è? Cosa fa?
In queste notti d’estate,
ove ancor più distanza ho messo fra me e lei,
se solo tendesse l’orecchio,
sentirebbe la mia voce chiamarla.
Se solo inclinasse la testa,
sentirebbe la mia mano
Accarezzarle il collo.

 

Il poeta maledetto