Sera – scritta il 3 gennaio 1996

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Con le dita la sua pelle ho toccato.

Le sue labbra ho sfiorato

e mi sono innamorato:

il vento un giorno m’ha gridato.

Ed io ho sorriso, ho deriso il vento

ché non esiste donna così bella.

Era solo un sogno,

di un sogno s’era innamorato.

Le ho carezzato i piedi

avvolgendola fino ai fianchi,

stupendi mentre lei camminava.

Sicura ad ogni passo andava

e nessun fiore il paragone teneva.

Al suo sguardo

ogni orchidea la testa chinava, ed io,

io sentivo il mio cuore batter forte,

sentivo che piano s’innamorava:

il muschio un giorno m’ha gridato.

Ed io ho sorriso, ho deriso il muschio,

ché non esiste donna così bella.

Era solo un sogno,

di un sogno s’era innamorato.

Per un sentiero andavo

in un giorno di sole,

il vento accarezzava il mio sguardo,

ed i fiori danzavano sotto il suo soffio.

Poi ho sentito qualcosa,

e lo sguardo al sole ho voltato.

Ma egli era offuscato.

Da lei,

dalla sua luce era abbagliato.

Né più il vento soffiava

ché vedendo lei

era rimasto senza fiato.

Ed il muschio verde,

più verde del mare,

non l’ho mai visto così turbato.

Tutto ai miei occhi è sparito,

tutto ha perso significato.

C’era solo lei, ed io, fermo,

ho sorriso, ho deriso me stesso

ché non esiste donna così bella.

Era solo un sogno,

di un sogno m’ero innamorato.

Ma lei si è avvicinata,

m’ha sussurrato un nome.

Da quel giorno per il mondo ho vagato.

Quel sogno magnifico ho cercato,

e quando te ho incontrato

finalmente l’ho trovato.

Di nuovo il sole si è spento,

il vento ha taciuto,

il muschio si è colorato.

Ed io ho pianto, ho pianto di me,

mentre ti sei avvicinata

e un nome m’hai sussurrato: il tuo.

Ho ricordato del sogno

e l’ho dimenticato.

Ho sorriso, ho riso di me,

ché non esiste sogno così bello

come te che il cuore m’hai rubato.

Non c’è sogno che valga di più,

della donna di cui mi sono innamorato.

 

Il poeta maledetto

 

Le carte da gioco – 6 dicembre 1995

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A passar la notte da solo,

seduto ad un tavolo.

Le carte fra le mani,

un solitario m’invento.

E in ogni carta

è te che cerco.

In ogni carta

il tuo sorriso vedo.

Rimescolo il mazzetto,

ricomincio daccapo.

Mi addormento stanco,

ed è te che sogno.

Tu mi chiami, ed io,

su di un cavallo bianco arrivo,

ti porto via con me.

Mi risveglio e le carte

sono ancora sul tavolo.

Una regina e un cavaliere,

il solitario non viene.

La regina ti somiglia,

… No!

Son io che in lei ti vedo.

Sono io un cieco

e solo il tuo splendore vedo.

Ma non è possibile

un solitario con te.

Al gioco dell’amore,

in due si gioca.

Oh mia regina,

fiori, picche, quadri e cuori ti darò.

E se ancora non ti basterà,ordina.

E ciò che hai chiesto, io ti darò.

Nel buio della notte,

il mondo intero sveglierò.

Mentr’egli ancora assonnato

aprirà gli occhi,

il gioco dell’amore

io ti insegnerò.

 

Il poeta maledetto

 

 

Sogno – scritta il 12 settembre 1995

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Com’è dolce a notte fonda

sentire il canto dei grilli,

ammirare lo splendore della luna,

disteso sul letto,

il viso affondato nel cuscino.

Com’è dolce voltarsi e vederti li,

al mio fianco.

Sognare, abbandonata al regno

delle tue fantasie.

I capelli sciolti sul cuscino,

sembrano un fiume in piena

che come la passione

che mi lega a te,

ricopre tutto e prepotentemente,

ruba spazio a qualsiasi altra cosa.

Mi avvicino a quei capelli

strisciando un pò sul materasso.

Con le dita li sfioro;

poi li tocco più a fondo.

T’accarezzo il viso, le guance, le labbra.

Sussurro che t’amo,

piano piano, per non svegliarti.

Ma tu apri gli occhi

e dentro vi si riflette

la luce della luna.

Mi guardi, sorridi, mi baci.

Il tuo profumo resta su di me,

il tuo viso è davanti al mio,

radioso, splendente come la luna.

Più splendente ancora,

sicché non riesco a tenere gli occhi aperti.

Li chiudo, li riapro,

ed è giorno da tanto.

Sono solo sul letto.

Non ci sono più grilli,

né brilla la luna.

Ho ancora il tuo profumo su di me

eppure tu non sei mai stata qui.

Peccato… Ho solo sognato.

Però che bel sogno, l’averti baciata.

 

Il poeta maledetto

 

Sogno di un poeta – scritta il 10 maggio 1995

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Un giorno s’improvvisò poeta.

Si chiuse nella sua stanza,

e non volle più uscire.

Liberò il tavolo da tutte le cianfrusaglie,

lasciando solo un foglio di carta

e una penna per poter scrivere.

Aspettava che l’ispirazione arrivasse

e guardava attentamente le righe del foglio;

quelle righe bianche che lui avrebbe riempito.

Le guardò e le riguardò.

Girò il foglio, un poco lo piegò, poi lo rigirò.

Tornò a guardare le righe.

Le guardò così attentamente,

che alla fine s’addormentò.

La penna ch’era sul tavolo

cominciò a perdere inchiostro.

Goccia dopo goccia scivolò giù dal bordo

e cadde in terra.

L’inchiostro continuava ad uscire,

non finiva più.

Si trasformò in acqua,

e la penna divenne una fonte.

Si svegliò il poeta,

che l’acqua già gli toccava le ginocchia.

Fu preso dal panico,

cercò di fuggire,

ma la porta era chiusa a chiave.

L’acqua saliva e la porta non s’apriva.

Gridò, si lamentò, cominciò a piangere;

tutto fu inutile.

Quando l’acqua gli arrivò alla gola,

lui temette d’affogare,

e perse i sensi.

Quando aprì gli occhi,

si ritrovò in fondo al mare.

Incredibile! Era vivo!

Riusciva anche a respirare.

Una corrente lo trascinò lontano.

Con un vortice lo depose,

alle porte di un castello sommerso.

Bussò. La porta si aprì. Entrò.

Gli fece strada un cavalluccio marino,

che attraverso un lungo corridoio,

in una gran sala lo portò.

C’era una conchiglia gigantesca,

l’imperatore di quel castello.

D’improvviso parlò: “Cosa vuoi?”

Il poeta rispose:

“Nulla. Ero nella mia stanza

a cercar l’ispirazione,

in un attimo s’è riempita d’acqua

e mi son trovato qui.”

La conchiglia di nuovo:

“Se tu vedi questo castello,

se tu senti la mia voce,

hai trovato quel che cercavi.

Ora vai, che il sogno finisce.”

Una luce improvvisa

squarcia il tetto della sala.

Trascina in alto il poeta.

Lui chiude gli occhi, s’addormenta.

Si risveglia sul tavolo della sua stanza.

La penna vuota, senza inchiostro;

le righe del foglio piene di parole.

La magia di quelle parole

parla di un sogno.

Un sogno nato da un sogno;

un attimo vissuto in eterno.

La vita è un attimo di sogno,

la poesia è sapere che stai sognando.

Adesso la mia penna è vuota,

senza inchiostro.

Le righe di questo foglio

sono piene di parole.

La magia di queste parole

parla di un mio sogno.

Un sogno nato da un sogno.

In un attimo.

Perché un poeta non nasce in un attimo.

Una poesia, si.

 

Il poeta maledetto

 

Un sogno – scritta il 13 marzo 1995

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Se tu fossi un mio sogno.

non ci sarebbe notte abbastanza lunga

per averti vicino.

Ma tu non sei un sogno,

che svanisce con l’alba,

che si perde

nella dolce, fresca aria del mattino

che vede nascere il giorno.

Una volta hai fissato

la tua immagine dentro me,

con uno sguardo, con un sorriso.

E sei rimasta li.

Come un sogno che l’alba non cancella

e che il sole non acceca.

Che resta sempre qui,

nella mia mente.

Mentre il vento ripete:

amala, amala, amala.

Ma si può amare un sogno?

Se tu lo fossi,

risponderei di si.

 

Il poeta maledetto

 

Vagabondo – scritta il 4 febbraio 1995

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Ho vagabondato per il mondo

per dimenticarti,

sogno magnifico e irrealizzabile.

Ho camminato di giorno e di notte

su strade di pietra e di fango.

Ho valicato monti

lisci come lame di coltelli,

affondando a volte

nella neve fino alle anche.

Ho guadato fiumi

le cui acque vorticose

avrebbero impensierito

perfino le loro stesse creature.

Ho attraversato il deserto sconfinato,

andando avanti per giorni e giorni

sperando che quella fiammella

si estinguesse nel profondo dei miei occhi.

Infine ho solcato l’oceano

in tutta la sua lunghezza,

immergendomi nel più profondo degli abissi,

per dimenticarti.

E quando finalmente vi ero riuscito,

ho ricordato il tuo sorriso

ed il mondo, m’ha gridato il tuo nome.

 

Il poeta maledetto

 

Sogno d’amore – scritta il 12 agosto 1994

 

Io sono già li che ti aspetto.

Tu entri appoggiata al braccio di tuo padre;

e due lacrime ti accarezzano le guance,

mentre stringi tra le mani il tuo bouquet.

Arrivi al mio fianco e sorridi,

il tuo sogno d’amore si sta avverando.

Il prete comincia il suo fiume di parole.

S’interrompe un attimo, ed io sussurro: “si”.

Continua per un pò, poi s’interrompe di nuovo,

e tu sussurri: “si”.

Tua sorella sorride porgendoci gli anelli

che saranno con noi per sempre,

testimoni della nostra promessa,

nella buona e nella cattiva sorte.

Le nostre labbra si vogliono,

si cercano, si trovano.

Usciamo fuori, e volano riso e confetti.

Tu piangi e ridi, ed io ti stringo forte a me.

il nostro sogno d’amore si è avverato.

 
Il poeta maledetto