Sogno di un poeta – scritta il 10 maggio 1995

in fondo al mare.jpg

 

Un giorno s’improvvisò poeta.

Si chiuse nella sua stanza,

e non volle più uscire.

Liberò il tavolo da tutte le cianfrusaglie,

lasciando solo un foglio di carta

e una penna per poter scrivere.

Aspettava che l’ispirazione arrivasse

e guardava attentamente le righe del foglio;

quelle righe bianche che lui avrebbe riempito.

Le guardò e le riguardò.

Girò il foglio, un poco lo piegò, poi lo rigirò.

Tornò a guardare le righe.

Le guardò così attentamente,

che alla fine s’addormentò.

La penna ch’era sul tavolo

cominciò a perdere inchiostro.

Goccia dopo goccia scivolò giù dal bordo

e cadde in terra.

L’inchiostro continuava ad uscire,

non finiva più.

Si trasformò in acqua,

e la penna divenne una fonte.

Si svegliò il poeta,

che l’acqua già gli toccava le ginocchia.

Fu preso dal panico,

cercò di fuggire,

ma la porta era chiusa a chiave.

L’acqua saliva e la porta non s’apriva.

Gridò, si lamentò, cominciò a piangere;

tutto fu inutile.

Quando l’acqua gli arrivò alla gola,

lui temette d’affogare,

e perse i sensi.

Quando aprì gli occhi,

si ritrovò in fondo al mare.

Incredibile! Era vivo!

Riusciva anche a respirare.

Una corrente lo trascinò lontano.

Con un vortice lo depose,

alle porte di un castello sommerso.

Bussò. La porta si aprì. Entrò.

Gli fece strada un cavalluccio marino,

che attraverso un lungo corridoio,

in una gran sala lo portò.

C’era una conchiglia gigantesca,

l’imperatore di quel castello.

D’improvviso parlò: “Cosa vuoi?”

Il poeta rispose:

“Nulla. Ero nella mia stanza

a cercar l’ispirazione,

in un attimo s’è riempita d’acqua

e mi son trovato qui.”

La conchiglia di nuovo:

“Se tu vedi questo castello,

se tu senti la mia voce,

hai trovato quel che cercavi.

Ora vai, che il sogno finisce.”

Una luce improvvisa

squarcia il tetto della sala.

Trascina in alto il poeta.

Lui chiude gli occhi, s’addormenta.

Si risveglia sul tavolo della sua stanza.

La penna vuota, senza inchiostro;

le righe del foglio piene di parole.

La magia di quelle parole

parla di un sogno.

Un sogno nato da un sogno;

un attimo vissuto in eterno.

La vita è un attimo di sogno,

la poesia è sapere che stai sognando.

Adesso la mia penna è vuota,

senza inchiostro.

Le righe di questo foglio

sono piene di parole.

La magia di queste parole

parla di un mio sogno.

Un sogno nato da un sogno.

In un attimo.

Perché un poeta non nasce in un attimo.

Una poesia, si.

 

Il poeta maledetto

 

29 Aprile ’94 – scritta il 21 aprile 1995

29 aprile 94.jpg

 

In quel dì, una linea d’inchiostro

è nata da una penna e una mano.

Ha viaggiato per monti, per mari.

Ha attraversato le strade di città:

sorridendo agli innamorati,

abbracciati ai bordi dei marciapiedi;

saltellando con i cani, i gatti, i ratti;

sbocciando insieme ai fiori,

appassendo con loro;

ma senza mai fermarsi.

Ne ha buttate giù di barriere.

Con la forza del tuono

e la dolcezza dell’aurora.

Ha lasciato il segno in tanti cuori,

quante sono le pagine di quaderno

che ha riempito.

Son trecentosessantacinque giorni

che ha viaggiato.

Trecentosessantacinque giorni

di gioia e dolore,

piacere e sofferenza,

odio e amore,

morte e vita,

sentimento, voluttà, noia,

sicurezza, incertezza, perplessità.

Nonostante ciò,

il viaggio di questa linea d’inchiostro,

è appena iniziato.

E non finisce certo con questo capoverso,

ma continua il suo deciso e lento passo,

in un altro cuore,

in un altro giorno,

in un’altra pagina di quaderno.

 

Il poeta maledetto

 

Io senza te – scritta il 29 aprile 1994

 

Una penna senza inchiostro,

una moto senza benzina,

una giornata senza sole,

una minestra senza sale,

un gelato senza panna,

una scarpa senza lacci,

una bottiglia senza tappo,

una pianta senza fiori,

un fiore senza petali,

un orologio senza lancette,

un coltello senza lama,

una mano senza dita,

un aereo senz’ali,

un uccello senza penne,

un re senza regno,

una busta senza francobollo,

un jeans senza tasche.

Io, senza te.

 
Il poeta maledetto