Il tempo di un giorno – scritta il 5 marzo 1995

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Uno, due, tre, quattro, cinque.

La prima luce che nasce,

dissolvendo le ombre.

Un suono di flauto

che accompagna l’abbraccio del sole,

il suo sorriso sul mondo.

Le nuvole che fuggono nel cielo,

scivolando sull’oro

dei sogni di un bimbo.

I pensieri e i desideri degli uomini

si ritrovano in giochi d’intrecci,

formando colline fiorite.

E’ li dietro che il sole va a morire.

Mentre un alito di vento

muove le foglie degli alberi,

nel silenzio della notte,

nascosto in un cespuglio,

un folletto ripete:

“ottantaseimilatrecentonovantanove,

ottantaseimilaquattrocento,

uno, due, tre”.

la prima luce rinasce,

mentre un giorno nuovo comincia.

 

Il poeta maledetto

 

La sposa di un altro – scritta il 23 settembre 2009

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Non ho saputo resistere,
non ho potuto
non cedere alla tentazione.
E son venuto a prendermi
quel bianco non mio
della tua anima,
da confondere all’oscura tenebra
che è nella mia.
Ed or che sconfitto,
di opaca sfida in cui,
puntato avevo sulla mia disfatta,
a riscuoter vengo
quella vincita.
Accoglimi in te,
sei mia!
Quelle bianche vesti
di dosso ti strapperò.
E della mia pelle
il tuo corpo fascerò.
Chiudi gli occhi
e abbandonati all’amore,
mentre di rosso passione
sto colorando il tuo cuore.

 

Il poeta maledetto

 

Per un tuo sorriso – scritta il 7 gennaio 1995

 

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Girerei il mondo tante volte

quanti sono i riccioli

che ti accarezzano il viso;

strapperei alle stelle la luce

e te la donerei in un pacco rosso,

rosso come le tue labbra,

rosso come il mio sangue

che ribolle come lava

quando vedo il tuo nasino,

quando vedo i tuoi occhi.

E dipingerei il mondo

del colore dei tuoi splendidi occhi.

Per un tuo sorriso,

inciderei il tuo nome

su ogni piccola pietra lunare.

E ruberei l’aria al mondo intero,

per farlo rimanere senza fiato;

Come vi rimarrei io

se tu mi regalassi un sorriso.

Darei via tutti i miei sogni,

se potessi avere in cambio

un tuo sorriso.

E mi addormenterei

sognando di cogliere un fiore

e di donartelo insieme al mio amore.

Per un tuo sorriso.

 

Il poeta maledetto

Un magnifico fiore – scritta il 29 aprile 1994

 

Un giorno in un luogo nascosto,

un’ape ha trovato una rosa.

Certamente non una rosa normale,

di quelle che si trovano nei giardini,

una rosa stupenda,

un esemplare unico.

L’ape ha deciso di succhiare il nettare

solo da quel fiore

per creare il suo miele.

Ma un giorno il fiore non c’era più,

era stato reciso.

L’ape sconsolata

ha succhiato il nettare da un’orchidea,

ma non è stata la stessa cosa,

ed è morta avvelenata.

E’ questo che capita a me,

come l’ape ho trovato un fiore magnifico,

quel fiore sei tu.

E non lasciare che ti colgano,

mi condanneresti a morte.

Perché su di un altro fiore,

dopo aver assaggiato te,

mi avvelenerei.

 
Il poeta maledetto

Un anno che sono morto…

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Non esiste limite al dolore che puoi provare
se chi te l’ha procurato è la persona
che più di tutte al mondo hai amato.
Nemmeno a distanza di un anno.
Quando pensi che tutto questo tempo
è passato in un soffio.
Quando pensi che è stato un anno buttato,
di cui non hai nulla da ricordare.
Se non per quei pensieri che
fanno battere i denti, tremare le gambe.
Per dolore, per rabbia, per rancore.
Non esiste più vita nei miei giorni,
strappatami dal petto con la sciatta semplicità
di uno sciacquone del cesso tirato.
Un vestito d’indifferenza
imbastito di mille menzogne.
Ancora.
E ancora,
e ancora.
Come se ci fosse un motivo,
un’abitudine di cui non puoi fare più a meno.
Il mio rammarico è non capir né quando
né perchè, la persona che amavo è sparita.
Ma tu chi sei?
Tu che ora semplicemente mi snobbi.
Difendendoti da semplici parole
con un milione di stupide, incomprensibili,
incredibili, banali e scontate bugie.
Hai imparato a sfruttare a tuo beneficio gli altri.
Confondendo i loro pensieri,
imponendo le tue false e costruite verità.
Quello che mi fa più male,
è la naturalezza con la quale
cerchi di ingannare anche te stessa,
dopo aver cercato di farlo con un grande amico
e, cosa ancor più stupida quanto grave, con me.
Io che tutto quel che hai fatto
ce l’ho scritto sulla pelle come pustole,
come piaghe di lebbra su di un cuore ormai in pezzi.
Un moncherino che ancor non smette di sanguinare
per te e per quel che gli hai fatto.
Un anno è passato.
E forse altri ne passeranno.
Ma continuerò a viverli del poi.
Dell’averli passati e non sapere come.
Di un’orrenda giostra in cui vorrei
soltanto cancellarti,
vorrei soltanto un pò di pace.
Non ho la forza di Prometeo,
né la rassegnazione di Epimeteo.
Il vaso dei mali
ha già disperso la sua essenza,
ma liquefatta è stata anche la speranza.
Morta sulle tue labbra,
nel momento in cui hai proferito
le tue ultime bugie.
Io impazzisco e muoio.
Oppure sono già pazzo.
Sono già morto.

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