ciclo non virtuoso – 30 luglio 2008

La sincerità non è né un vizio, né una virtù: è una maledizione. Quando sei sincero ti aspetti e credi che gli altri lo saranno con te.
E questa è follia, e la follia ti esclude, dagli altri, da quella che è la normalità, da quella che è la mediocrità, e ti rende solo.
E la solitudine è una malattia, che ti stringe il cuore e ti fa piangere, dei ricordi che belli si trasformano in dolore, in odio e rancore.
E il rancore ti rende aggressivo, e l’aggressività ti illumina, ti da coraggio e forza di fregartene delle conseguenze e ti rende dagli altri libero.
E la libertà ti rende euforico, capace di fare e dire qualsiasi cosa, perchè tanto sei comunque maledetto, tanto vale essere sincero.
E la sincerità non è un vizio, né una virtù: è una…..

Sincero, folle, solo, carico di rancore, aggressivo, libero,
poeta maledetto.

Un finale da colpo di scena – 29 luglio 2008

Tutti i pensieri che sono nella mia mente non riesco a scriverli.

Ma uno più di tutti mi preme.

Stanco di ripetermi che smette e non smette.

Stanco del bilico, stanco della storia che nell’ombra scrivo.

Di me, del mio dolore, del mio rancore, del mio essere solo ed invisibile.

Nell’indifferenza che mi circonda.

E come una scia di maledetta inquietudine,

mi sento addosso questo pensiero che non molla.

Muore Sansone con tutti i Filistei.

Ho un finale.

Un finale da colpo di scena.

Che presto in molti conosceranno.

Che mi consacrerà a maledetto cui sono.

Dubbio – 29 luglio 2008

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Sorriso amaro.

Sorriso falso.

Ma che m’importa

oramai.

Cancellata traccia

dimenticata vita.

Immutabile passato

indicibile futuro.

Distanza, distacco.

Quel che è mio è mio

ed io son forte.

Son solo e maledettamente forte.

Nulla mi tocca, nulla mi…

Lacrime amare.

Lacrime vere.

Perché dimenticar non posso, perché?

Immutabile passato

invincibile futuro.

Distanza presi

e la mia mente, mente:

quel che mi fu tolto resta.

Forte davvero sono?

Se di un ricordo schiavo,

maledettamente vinto resto?

Ma nulla mi tocca, nulla mi

farà stare ancora male.

Ma tu…

 

Metamorfosi – 28 luglio 2008

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Ali di farfalla guadagnate strisciando,

o albero con frutti e fiori

guadagnato germogliando.

Natura insegna,

e regola.

Che d’un miglioramento sempre ambìto,

arrivi infine a coronare un sogno,

una vita.

Ed una nuova vita a crescere e comprendere,

che scopo ultimo era quello.

Ma d’eccezione, uomo, o donna,

al mondo esiste e innaturale.

Giacché del peggio un sogno coronare,

una vita.

Ed una nuova vita, a crescere e distruggere,

quel che di buono era rimasto.

E cedere all’inganno, oscuro fiore del male.

Che parassita di se stesso resta.

Così, lei tramutò se stessa.

E non capendo dal principio quella fine,

si ritrovò a giacere tra le spine,

albero che di fior carico, in frutto convertito,

si ritrovò poi seme, perduta terra, inaridito.

Ed ali di farfalla avea,

ma migrar da fiore a fiore fu condanna.

E ritornò a strisciar parole gravi,

maledicendo d’altri, gravi colpe.

Povera carnefice!

Di sua rovina inconsapevolmente artefice.

Parole a fiumi scorreranno,

come da taglio sangue, sgorgheranno.

Vermigli d’odio e di rancore.

Finché giaciglio pallido di luna in mare,

posa, stanca di lottare,

t’accorgerai che colpa non esterna

è da cercare.

Tu,

vittima del niente,

macellaia di vite.

Meschina fine d’ali e volo,

ritornerai alla terra a germogliare ancora.

Ma storpia pianta resta,

d’un pianto falso e di tempesta,

che modellando addosso

Ti copristi.

Giorni e mesi e anni saranno, tristi.

Perché bruco in farfalla è ben accetto.

Ma chi coprir si vuole di ragione,

fugando in altri, e colpe e torti,

solo, resta.

Ricorda, mio passato,

Mia farfalla amata:

J’accuse! Continua nel tuo canto.

Ma quando metamorfosi scorsi nel tuo pianto,

voltai le spalle.

E a vita ritornai,

lasciandoti sbiadire in un tramonto.

Luce e buio – 27 luglio 2008

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D’un’ombra mi vanto,

ad un’ombra mi stringo, nel sole.

Luce d’incanto

e disincanto rimane.

Di flebile luce mi vanto,

ad essa mi stringo, nel buio.

Vana illusione

disillusione rimane.

E tu.

A chi darò il tuo viso,

mentre il tuo viso darai a un altro?

Chi stringerò al mio fianco,

mentre sbiadisce in penombra

quel che di te rimane?

Chi mi darà vittoria,

su campo di sconfitta,

Dove perduta guerra

misera, m’attese?

D’un destino che segnato il tempo

mi scandisce la vita.

Ad un battito di cuore

ho legato un sospiro.

E lacrime ho versato,

che in terra perle ai porci ho dato.

Maledette lacrime ho versato.

Commiserando a goccia, a goccia,

la stupida follia d’aver creduto amore.

E piango,

d’una maledettissima pazzia,

quel che m’hai dato

e che per sempre m’hai tolto.

Quel che ti ho dato

e che per sempre hai perduto.

Piccola notte – 25 luglio 2008

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Imbarazzo e seduzione,

d’un incontro a pelle nuda.

Sorrisi e sguardi,

e tempo insieme,

e parole, dette, sussurrate.

Poco importanti e senza senso.

Dette soltanto per frenare la passione.

E carezze e baci,

a ricordar che l’anima pretende.

E vicini, più vicini,

ad ascoltare il battito del tuo cuore, del mio.

Ed il tuo corpo sul mio,

a ricordar che anch’egli pretende.

E resto tuo, imprigionato dai tuoi occhi,

persi nei miei a chiedere e ottenere.

Poi ti regali a me,

cedendo la tua forza al tuo concederti.

Ed io son qui,

per prender quel che m’offri,

e stringer più forte a me i tuoi fianchi,

la tua bronzea pelle.

Prigionieri liberati dall’amore di una notte.

A chiederci e pretendere altre notti,

assaporare ancora quel profumo di me e di te,

tra le lenzuola come onde

d’un mar che geme, freme, infuria e burrasca.

S’acqueta infine, soddisfatto e calmo,

degli occhi tuoi nei miei a sorridere,

come ragazzi al primo perdersi nel mondo dei grandi.

Un presente piacevole,

un futuro, dolce ricordo.

Dedicata a “Karina” – grazie per la splendida notte passata insieme.

Parole maledette – 24 luglio 2008

Parole e parole.

E versi e strofe.

Poesie e racconti,

a breve romanzi.

Quante inutili parole.

Parole belle, struggenti, d’amore,

d’odio e rancore.

Che arricchiscono l’anima,

che scaldano il cuore.

Che donano passione,

speranza, gioia e stupore.

Invidia, illusione,

delusa partecipazione.

Parole che vivono in se e di se.

Trasportate dal vento,

battute dal sole,

bagnate dall’acqua,

bruciate dal fuoco.

Germogliate in terra,

come semi di primavera.

Inutili parole d’amore,

che non sanno descrivere l’anima,

e non parlano il linguaggio del cuore.

Ci provano attraverso me,

che ogni volta fallisco.

E maledetto per questo.

Perché parole son parole,

e i sentimenti sono altra cosa.

E non s’incontrano che per brevi momenti,

soltanto nel cuore di chi le ascolta.

Così son poeta per raccontare e non per scrivere.

Di emozioni provate o soltanto immaginate,

ma vissute con l’animo,

e rivissute in chi le ascolta.

E son poeta maledetto, non per me stesso.

Per chi mi ascolta.

L’angelo Soniah

C’era una volta un angelo…
quest’angelo si divertiva a prendere sembianze umane
sotto forma di un uomo prima, e di una splendida donna dopo…
e a confondersi tra i comuni mortali.
Sembrava proprio una donna, affascinante, ma una donna.
E si dilettava a confondere le menti inferiori,
pur se ognuno che s’imbattesse nel suo parlare… ne usciva sconfitto,
ma arricchito nello spirito.
Davvero intrigante… il suo parlare come quello della sfinge,
i suoi quesiti, nascondevano già la risposta.
E non potevi far altro,
che darle ragione.
E fu così per millenni.
E la sua bellezza cresceva,
come la sua saggezza.
Nessuno avrebbe mai sognato di contrariarla,
e da tutte le parti del mondo,
venivano a chiederle consiglio.
L’oracolo, l’angelo disceso sulla terra.
I re, i grandi della terra venivano a lei,
perch’ella potesse dar loro un responso,
un vaticinio sulle loro imprese future,
un auspicio di lunga vita.
L’angelo, Soniah:
che in lingua aulica significa anche beatitudine,
aveva una posizione davvero invidiabile,
l’essere più potente della terra.
Ma…
Quella sua posizione era anche scomoda e difficile.
Era sempre una creatura straordinaria, ma unica al mondo.
E chiunque la guardasse, la vedeva come un essere diverso, sovrumano.
Così l’angelo Soniah, circondata da popoli interi…
riusciva a sentirsi sola e non accettata.
La folla l’acclamava e lei… nel suo cuore sentiva silenzio.
Così, in una notte di luna nuova,
si rivolse all’Altissimo invocando la sua supplica:
“Mio Altissimo Signore,
io sono da innumerevoli ere una tua servitrice,
non una volta son venuta meno al mio compito.
Ed ora son qui per Tuo volere,
a rischiarare l’ombra che è scesa come un velo
a ricoprire il corpo di questa terra solitaria.
Ti prego ascoltami…
Dammi la compagnia di qualcuno,
che possa regalarmi un sorriso.”
Ma la sua voce si perse nel profondo della notte.
Iniziò a piovere, così Soniah, sconfortata,
ritornò nelle sue stanze e pianse.
E le sue lacrime cadendo in terra, si tramutavano in petali di rose.
Emanando un profumo che avvolse in quella sera senza luce,
tutto il palazzo, tutta la città, tutta la regione.
Ma la sua supplica non era stata inascoltata,
e l’Altissimo pianse, perchè sapeva che quella supplica era sincera,
perchè sapeva quanto Soniah l’aveva e l’avrebbe servito…
Ed anche perchè quella supplica era nel cuore dell’Altissimo,
ancor prima che lei la recitasse.
E ancor prima che lei la pensasse… L’accoglimento era già stato deciso.
Così, quella notte profumo di rose e lacrime dal cielo si fusero,
creando la realtà del sogno di un angelo.
E i giorni passavano, e gli occhi color miele di Soniah, brillavano di meno
seppur paragonabili ancora al vespro del mattino.
Ma tra la folla che a lei veniva,
in un mattino ventoso di fine giugno,
un uomo, occhi cerulei, profondi,
si avvicinava a lei,
passo dopo passo.
Aspettando il suo turno.
L’unico che non recasse doni,
per il responso desiderato.
E quando la frotta di re e potenti fu terminata,
e ai piedi di Soniah brillavano monete d’oro e pietre preziose
liberando riflessi in ogni direzione,
e lei sembrava ancor più bella assisa sul suo trono, in cima ad una lunga
scala, i capelli fluenti, gli occhi brillanti, il viso scolpito da mani
divine, il corpo di una perfezione unica,
quest’uomo le fu davanti e le si avvicinò,
mostrando i palmi delle mani vuote, senza doni.
Che strane mani… un’unica linea solcava il palmo da parte a parte,
formando una A dove i comuni mortali hanno una M.
Qualcosa di semplicemente particolare.
Un lungo intenso sguardo,
occhi negli occhi,
e poi silenzio.
Un silenzio carico di mille e mille parole non dette.
E tutti gli sguardi si concentrarono su Soniah, la beatitudine
e sullo sconosciuto silente.
Qualcuno tra la folla iniziò a recitare: “il dormiente è sveglio”.
E un’altra voce seguì: “il dormiente è sveglio”.
Qualcuno urlò: “il dormiente è sveglio”,
e la folla si ritrovò ad incitare ritmicamente,
mentre cerulei nel miele, il silenzio continuava.
Soniah si alzò in piedi, rivolgendosi allo sconosciuto:
“qual’è la tua domanda straniero?”
E la sua voce suonò come una melodia,
come un canto d’usignoli al mattino,
mentre accompagnano i primi raggi di sole.
E lui: “Tu chi sei?”
E lei: “Soniah”
e lui di nuovo, senza distogliere la sguardo dai suoi splendidi occhi:
“Tu chi sei Soniah?”
In quell’attimo un pensiero sublime passò nella sua mente,
come fosse un possibile futuro. E lesta rispose:
“Colei che è qui per essere amata. E tu chi sei?”
Lo sconosciuto fece un passo verso di lei e disse:
“Io sono Davideh”
Curioso, pensò Soniah il cui nome significa sapienza; Davideh il cui
nome significa amato da Dio… Letti in sequenza sarebbero la sapienza
amata da Dio. Che sia un segno? E subito chiese:
“E tu chi sei Davideh”
A quelle parole, dette con una voce che sveglia i sensi di ognuno, tutti
i presenti ebbero un brivido alla schiena e si zittirono.
Ed anche Davideh al suono di quella dolce melodia, chiuse gli occhi,
per un attimo, perchè potesse coglierne tutta la spiritualità, tutta la
beatitudine e un pensiero sublime passò nella sua mente,
come un possibile futuro. E lesto rispose:
“Colui che è qui per amarti.”
Un altro passo verso di lei, un passo verso di lui,
e le loro labbra furon vicine,
assaporando le une il profumo delle altre.
Un lungo bacio, un attimo, in cui il tempo sembrò fermarsi.
Risaputo ormai che l’amore è un attimo da vivere in eterno,
e che quand’egli presenzia, tutto il resto perde significato.
Così, guardandosi negli occhi, un attimo successivo fu un successivo
bacio, e ancora, e ancora una volta.
Lasciato trono e ricchezze, i due discesero la scala, sparendo ai
mortali sguardi e confondendosi all’orizzonte, in un unico armonioso
completarsi, per sempre.
Finiva la missione dell’angelo,
cominciava quella dell’amore.

Dedicato a Sonia, per i brevissimi ma intensi attimi di vita sua, che ha voluto condividere con me.

Grazie.

Davide

il poeta maledetto

Gigi Finizio – Un Angelo (maledettissima pazzia)

Gigi Finizio > Per Averti (2005) > Un Angelo
 
http://ilpoetamaledetto.myblog.it/media/01/02/2681f6b29c7634493391ee4f16fe6fb8.mp3 

Non ci avrei scommesso mai,
Finisce tutto qui…
Non ci avrei scommesso mai,
Mi mandi al diavolo…

Come un gioco a casa mia,
Vedo un sogno andare via,
E sorseggio intorno a me,
L’amaro che ho di te…

Trattenerti ancora qui
Mi sembra poco ormai…
Oltre a piangere però,
Sarei patetico…

Manca poco ad andar via,
Io respiro la tua scia,
Sembra quasi una magia
La mia maledettissima pazzia…

Ti fa sembrare un angelo
Nel momento che saluti e te ne vai,
Dal mio corpo vedo quasi uscire l’anima,
Ci pensi amore mio,
Ti amo pure quando dici addio…
Rimani ancora un attimo,
Perché un attimo diventa un’ora in più…
Sai farlo solo tu…
Un cielo senza nuvole,
È quello che mi dai,
È quello che io non ti ho dato mai…

Io non sono un vero eroe,
Lo devo ammettere…
Ma non è una grande idea
Tornare liberi…

Io non c’ho pensato mai,
Continuare senza noi,
Forse l’ho deciso anch’io…
E la maledettissima pazzia…

Ti fa sembrare un angelo
Nel momento che saluti e te ne vai,
Dal mio corpo vedo quasi uscire l’anima,
Ci pensi amore mio,
Ti amo pure quando dici addio…
Rimani ancora un attimo,
Perché un attimo diventa un’ora in più…
Sai farlo solo tu…
Un cielo senza nuvole,
È quello che mi dai,
È quello che io non ti ho dato mai…

20 luglio

Buon compleanno Davide,

i tuoi 33 anni ti regaleranno grandi sorprese….

Devi solo andare a letto e fare un bel sogno,

sperando di svegliarti direttamente domani.

Un grazie sentito alla mia amica di chat didlina875

che è stata la prima allo scoccare della mezzanotte

a farmi gli auguri.

Grazie dolce amica! Che la vita ti sorrida sempre: te lo meriti.