I gemelli – scritta il 5 novembre 1995

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C’era un giardino di una villetta americana.

C’era un bambino, Billy si chiamava.

Ce n’era un altro, suo fratello Tom.

Billy giocava e Tom lo guardava.

Erano gemelli, due gocce d’acqua.

Billy aveva delle palline di vetro,

le lanciava contro un muro

e poi vi correva dietro.

Tom ripeteva:

è inutile che provi, è rimbalzata,

nessuna pallina è mai passata.

E Billy di nuovo:

prima o poi ci riesco;

il modo per farla passare lo trovo.

Mattina, pomeriggio e sera

era sempre a provare.

Ma quelle palline

il muro non volevano attraversare.

Un giorno Billy si ammalò

e Tom al bordo del letto lo stava a vegliare.

“Ho sentito il dottore che parlava alla mamma.

Dice che sei molto malato, dice che sei grave.”

Billy di risposta:

“Dove sono le palline? Devo andare a provare.”

e Tom:

“No! Dove vai? La mamma farai arrabbiare.”

Dopo quel giorno Billy peggiorò

e dal letto non si poté più alzare.

Una mattina Tom stava andando a scuola,

ma si sentì chiamare.

“Tom ho trovato il modo,

ho sognato come fare.”

E lui: “Tu sei matto.”

“No! Adesso so come fare:

un passo avanti, due indietro,

conti quattro e poi devi lanciare.

Tom, devi provare!”

“Adesso a scuola devo andare,

al mio ritorno ti farò sapere.”

“Va bene, ora dormo. Ma non ti dimenticare!”

Al ritorno da scuola

nel vialetto del giardino,

una pallina di vetro

per poco Tom non fa inciampare.

Ricorda la promessa,

un passo avanti, due indietro,

conta quattro e lancia.

La pallina sparisce,

stavolta non rimbalza.

Tom è sbalordito, s’avvicina al muro.

La pallina l’ha attraversato

finendo nell’orto.

Corre verso casa e grida:

“Billy! Billy hai trovato il modo!”

S’affaccia la madre alla porta

e lui contento le dice:

“La pallina è passata!

Ha attraversato il muro

ed è finita nell’orto.”

La madre lo guarda e piangendo gli dice:

“Tom, questa mattina tuo fratello è morto.”

 

Il poeta maledetto

 

Il giardino profumato – scritta il 6 aprile 1995

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Avevo una donna che mi amava davvero.

Avevo una donna che coltivava il mio giardino.

I fiori profumavano come in nessun altro.

E una rosa rossa,

la più bella mai esistita,

vi sbocciò il primo giorno di primavera.

Poi lei andò via, lontano.

E nessuno coltivò il mio giardino

che non fossero le mie braccia,

il mio sudore.

Ma dopo tanti sforzi,

dopo tanto duro lavoro,

la rosa rossa,

la più bella mai esistita,

appassì e perse il suo profumo.

Avevo una donna che mi amava davvero.

Avevo un giardino con una rosa rossa.

Poi l’avevo persa.

Ed ero rimasto solo,

stanco e sudato.

Un giorno lei ritornò.

Ma io non avevo più

un giardino da farle curare.

Allora le offrii il mio cuore,

e lei lo coltivò

con tutto l’amore possibile.

Da quel terreno fertile

nacque una rosa rossa,

più bella della rosa rossa

più bella mai esistita.

Vi sbocciò un giorno di primavera,

e mai più appassì.

Perché lei, non andò più via.

 

Il poeta maledetto