QUALCOSA DI SPECIALE – 14 GIUGNO 2008

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Qual vento sia stato

A portarmi fin qui non so.

Ma un sussurro sibilava: fidati.

Qual foglia d’autunno

Lasciato cadere

E trasportato via, lontano.

Ch’appiglio o posa non ricorda,

Che non sia un nome,

Una parola amica.

Ed or si trova qui,

Davanti a te.

Bella e cattiva,

Ma dolce e sincera.

Lento frusciare

Uscito dal vento.

Dimentico del tempo

Ormai inutile fuggiasco,

Vinto l’appiglio, trovata la posa.

Intensa emozione.

Come chiamarla?

Amore?

 

Il poeta maledetto

Dove sei? scritta il 27 maggio 2008

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Ho perso il tuo abbraccio.

Eri con me da un attimo, una vita, un’eternità…

non saprei dirlo.

Con te passava il tempo eppur per sempre fermo.

Fisso nell’attimo dei tuoi occhi fissi nei miei.

Ma la tua mano ha lasciato la presa,

cercando vani appigli che non erano me.

E non ho saputo trattenerti,

non sapendo che stavi cadendo.

Ed or nel buio ti cerco e non ti trovo:

quelle due mani salde su di me,

che mai avrebbero lasciato la mia pelle,

per scivolare nel buio dei rimorsi.

 
Il poeta maledetto

Domani, ieri – scritta il 14 maggio 2008

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A buttarsi alle spalle tutto,

Ci vorrebbero spalle grandi come il mondo.

Ci vorrebbe quella forza immane,

di chi combatte con la vita e vince.

Nella sconfitta vince,

in quel che è bello vince,

in quel che è brutto vince.

Guadagnando un giorno nuovo,

un nuovo domani.

Sorriso triste e amaro,

Per chi si aspetta un nuovo ieri.

Che come me si lascia

avviluppar dall’onde della nostalgia,

Sapendo che non toccherà più sponda.

Ho cercato nel mio cuore,

e ho trovato un profondo vuoto.

Chi se n’è andata via, ha portato con se tutto.

Anche la voglia di domani.

E piango di un silenzio triste,

che sol chi mai ha amato

non conosce.

 
Il poeta maledetto

Aspettiamo – scritta l’ 11 maggio 2008

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Paura.

Paura di cosa?

Di tutto e tutti abbiam paura.

Paura di perder quel che non abbiamo,

paura di perder quel ch’è già perduto.

Ricostruiamo.

Ricostruiamo cosa?

Ogni cosa ricostruiamo.

Ricostruiamo quel che non è nostro,

ricostruiamo quel ch’è già disfatto.

Ricominciamo.

Ricominciamo cosa?

Del viver di sogni ricominciamo.

Della realtà che ci ha traditi,

che d’improvviso giù dal letto ci ha buttati.

Ed ora in piedi aspettiamo.

Aspettiamo chi?

Chi abbiam paura che non arrivi;

perché è grande la voglia di ricostruire

Quel che abbattuto era perduto.

Perché più grande è il pensiero di ricominciare tutto.

Bussano alla porta…

Ciao, chi sei?

Non risponde.

Cosa vuoi da me?

Non risponde.

Entra pure.… Ti aspettavo.

 
Il poeta maledetto

Troppo spazio scritta l’ 11 maggio 2008

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Troppo spazio,

c’è troppo spazio intorno a me.

Prigioniero della libertà.

Ero schiavo e non me ne accorgevo,

ma ero libero e non sapevo.

Un attimo è bastato

per tornare alla realtà.

Un attimo a riaver la libertà.

Ma cosa volevo, cosa voglio?

Non è questo che volevo.

La libertà è qualcosa di grande.

Troppo grande

perché un uomo possa tenerla per se,

senza impazzire.

In questo mondo piccolo

e infinitamente grande.

Dove viviamo a contatto

e non ci conosciamo,

dove legati siamo al destino comune

di vivere e morire,

esistiamo per amore e Amore chiede.

La libertà è nostra per poterla donare

a chi ci farà schiavi,

schiavi del cuore.

A chi vogliamo c’incateni

e per l’eternità ci torturi d’amore.

 
Il poeta maledetto

Avviso ai lettori – scritta il 14 agosto 2003

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Troppo a lungo ho atteso,

troppo tempo è passato

ch’io destassi la mente;

se d’un fragore impetuoso,

tra stretti greti s’infrange,

come pluvial tempesta mi rugge.

Piange il mio cielo,

alimentando tempesta.

M’acqueterò al mare

che un dì, sbocco vedrò.

Ma d’ora in avanti,

dammi atempore musa la grinta,

la rabbia di scotere gli animi.

E trascinar nel volger delle mie passioni,

chi sventurato s’affacciasse

a rimirar le mie parole.

 

Il poeta maledetto

 

L’autunno del cuore – scritta il 5 agosto 2003

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Tal foglia d’autunno che,

caduca perse la presa el suo peso;

m’avvidi in agosto che il tempo passava.

E scorsi il passato d’un buco profondo

ch’avvolto dall’ombra si cela alla vista,

ma sol per chi ne ignora l’anfratto.

Sicché io sapevo del buio che

senza toccar con mano vedevo.

Da quel tempo venivo, da li ero passato.

Passato al presente, passato al futuro;

passato anche quello, ed or passato presente.

Ed ebbi paura di ciò che sapevo,

perché non sapevo a che m’avrebbe portato.

E piansi al non saper quale folata aspettare,

di non esser pronto quando fosse arrivata.

E cieco sembravo, nel lento turbarmi.

Ma cieco davvero ero al non pensar,

che foglia non decide se è tempo o no di cadere.

Così aspettai il futuro, come mai avevo fatto in passato.

E la mia anima perse presa e peso,

liberandomi dall’autunno del cuore.

 

Il poeta maledetto

 

Il ritorno – scritta l’ 8 gennaio 2001

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E ritorno a parlarvi d’amore,

del mio fragile ed inutile cuore.

Di quel cuore che in mille battaglie

ha vissuto, è perito e rinato.

La sua lingua ha milion di parole,

il cui suono io m’ero scordato.

Ma è tornato,

son sicuro d’averlo ascoltato.

M’ha parlato…

Quel ch’ha detto;

tutto l’ho scritto!

 

Il poeta maledetto

 

Il fiume rinato – scritta l’ 8 gennaio 2001

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Qual fiume eri,

ed or che resta,

dell’acque che bruma

vantava tempesta.

Or secco torrente

re fango ti veste;

non scrivi, non pensi,

cos’è che ti basta?

Sia forse la vita?

o pur la ventura?

Sorridi la gioia,

sopporti l’infausto?

Ma quello che eri

qual briciola resta?

Sarai qui domani,

o soltanto il ricordo?

La fonte riapri,

risgorga, ti prego.

Da inerte fanghiglia

rivivi in tempesta.

Impetua, stordisci,

rivinci o perisci.

Ma ancora ti prego

non restare passato.

Sia l’oggi, il domani,

la bruma d’un tempo

che mai ho domato.

 

Il poeta maledetto