E fu buio su tutti noi.
Il freddo avvolse i nostri sensi.
Ci addormentammo senza sapere
se e quando ci fossimo svegliati.
L’ultima parola che ricordo
fu quella del capitano che diceva:
“ibernazione”.
Sognai di essere da solo,
e di camminare avanti.
Ma avanti c’era il nulla,
tutt’intorno era nulla,
eppur continuavo ad andare avanti,
anche se non riuscivo
a vedere le mie mani, le mie gambe.
Tremiti improvvisi
assalirono il mio corpo.
Cominciai a sudare e non avevo mani
per asciugare il sudore
e non avevo nemmeno un corpo
che avrebbe potuto sudare.
Ero li, anzi, pensavo di esser li,
ma in realtà era il nulla
e anch’io ero il nulla.
Pensai che mai più
sarei uscito da quel buio,
da quel vuoto
che il nulla mi creava intorno.
Poi finalmente nacque la luce.
Apparì piccola
come la fiamma di una candela
e s’ingrandì sempre di più
uccidendo il nulla.
E tutt’intorno fu la luce.
Il capitano sorrideva.
Il salto nello spazio
alla velocità della luce
era perfettamente riuscito.
L’astronave adesso
scivolava lenta nel cosmo
un pò più in là di Mizar.
Il ricordo del nulla spariva,
mentre negli occhi dell’equipaggio
rinasceva la luce.
Il poeta maledetto