La luce – scritta il 30 gennaio 1995

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E fu buio su tutti noi.

Il freddo avvolse i nostri sensi.

Ci addormentammo senza sapere

se e quando ci fossimo svegliati.

L’ultima parola che ricordo

fu quella del capitano che diceva:

“ibernazione”.

Sognai di essere da solo,

e di camminare avanti.

Ma avanti c’era il nulla,

tutt’intorno era nulla,

eppur continuavo ad andare avanti,

anche se non riuscivo

a vedere le mie mani, le mie gambe.

Tremiti improvvisi

assalirono il mio corpo.

Cominciai a sudare e non avevo mani

per asciugare il sudore

e non avevo nemmeno un corpo

che avrebbe potuto sudare.

Ero li, anzi, pensavo di esser li,

ma in realtà era il nulla

e anch’io ero il nulla.

Pensai che mai più

sarei uscito da quel buio,

da quel vuoto

che il nulla mi creava intorno.

Poi finalmente nacque la luce.

Apparì piccola

come la fiamma di una candela

e s’ingrandì sempre di più

uccidendo il nulla.

E tutt’intorno fu la luce.

Il capitano sorrideva.

Il salto nello spazio

alla velocità della luce

era perfettamente riuscito.

L’astronave adesso

scivolava lenta nel cosmo

un pò più in là di Mizar.

Il ricordo del nulla spariva,

mentre negli occhi dell’equipaggio

rinasceva la luce.

 

Il poeta maledetto

 

Lamento per Eluana – 10 febbraio 2009

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Di fragorosa notte in tempesta,
tuono svegliando animi in paura
e tremore di quel che s’udiva
ma non poteva esser visto.
E fulmine sconfitto, distrutto,
abbattuto albero spezzato.
Sprizzata linfa intorno
a misurar battaglia in passi.
Un unico caduto eppur,
rimasta polvere in radice,
di flebile speranza ricordo,
del cinguettar fra rami
e nido di cadute e primi voli,
scoiattolo che padre e padre di padre,
e padre di padre di padre, in ghiande
a sfamar famiglia.
Di freddi inverni a riparo,
e calde estati in ombra.
Passato è quel tempo,
e stagioni e anni.
Brillante luna fu guardiana,
spezzato tronco in anello
a suggellar silente patto,
un’ultima parola era da dire.
Ma chi doveva dirla giaceva,
inverno in cuore silenziosamente.
Così brandendo scure,
qualcuno disse è morto,
che scaldi nostre notti.
Muschio e licheni ne avevan casa,
e mille e più invisibili creature
ne avean desio.
Ma nulla fu per contra fuoco.
Così di notte in plenilunio,
quell’ultima parola ei pronunciò:
compagna luna arrivo,
di cenere e fumo io ti vengo vicino,
a sugellar quel patto in un abbraccio.
Che animo mio possa aiutarti
a vegliar dall’alto questa notturna valle,
e chi coscientemente incauto alzò la scure.
La mia vita per la loro libertà.
Che sia sorriso mia ascesa.
Baglior di stella or mi velo,
frammenti perdendo in questa notte tersa.
Io vi perdono.
Perdonate voi stessi.