L’orsa maggiore – scritta il 2 maggio 1995

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Eravamo due bambini che giocavano insieme.

Ricordo che rincorrevo i tuoi lunghissimi capelli.

Tu sorridevi e non ti fermavi mai,

ma io ero più veloce di te.

Avrei potuto bloccarti in un attimo,

ma era così bello vederti correre e sorridere.

Io avevo nove anni, tu cinque;

e seduti sugli scogli,

ci promettevamo già un futuro insieme.

Il tempo cambia il mondo, le persone.

E anche se esse non vogliono,

non possono opporsi.

Ma noi,

noi eravamo diversi.

Dopo dieci anni eravamo ancora li,

a quel cannocchiale rotto

per cercare di vedere l’orsa maggiore.

Tu dicevi: “non trovo la stella polare”;

ed i capelli ti coprivano il viso.

Io ti guardavo

con la passione di chi ama davvero

e ti dicevo: “L’ho trovata.”

E tu: “Dov’è? Dov’è?”

“E’ qui. Sei tu la stella più bella.”

Allora abbandonavi la scoperta del cielo,

e mi abbracciavi forte.

Premevi il tuo nasino sul mio viso.

Ti dicevo: “Sei tu la mia stella”.

Poi, nel buio, il bacio.

Il tempo cambia le persone nel profondo.

Ma noi cambiavamo il tempo;

eravamo più forti di lui.

All’apparir del giorno

venivo a prenderti a casa.

T’affacciavi sbadigliando,

con i capelli scompigliati.

Dicevi: “Un attimo. Mi preparo e sono da te.”

Ti aspettavo

scorticando il fusto di una mimosa

con un coltello che tu m’avevi regalato.

Ci mettevi sempre tanto tempo.

Ma dopo tanto tempo com’era dolce vederti.

Sulla soglia della porta,

le mani ai fianchi,

sembravi una principessa.

Mi prendevi in giro, dicevi:

“Allora! Ti muovi?”

Io ti guardavo, sorridevo,

e rincorrevo i tuoi lunghissimi capelli.

Tu sorridevi e non ti fermavi mai,

ma io ero più veloce di te.

E proprio come tredici anni prima,

finiva sugli scogli.

Questa volta a fare l’amore.

All’apparir di ogni giorno

venivo a prenderti a casa.

Ma una volta non t’affacciasti.

Le finestre, le porte;

tutto chiuso, tutto buio.

Quanti giorni ho aspettato

sotto quella finestra.

Ho consumato la corteccia della mimosa

e nello stesso tempo ho consumato

anche quella del mio cuore.

Mai più il cannocchiale

ha guardato l’orsa maggiore;

mai più la scogliera

ha udito lusinghe e promesse;

mai più la mimosa è fiorita.

Sono passati otto anni da quando sei sparita.

Ho continuato a volte, a venire sotto casa tua.

La speranza è l’ultima a morire.

Oltre al dolore.

Un giorno di ho rivista.

Stavo camminando per il corso,

una stradina stretta,

con filari d’alberi sui due lati.

D’incontro mi veniva

camminando in senso opposto,

una donna con una carrozzina.

Vi passo vicino, proseguo.

Mi fermo a riflettere:

la conosco, anzi, la riconosco.

Torno indietro, mi paro innanzi a lei.

Le dico: “Tu?”

“Io.” Mi risponde abbassando gli occhi

al bimbo che porta a spasso.

Continua a camminare.

Va via.

Vado a piangere alla scogliera.

Perché? Perché è così? Perché lei?

Resto lì tutto il giorno, e la notte.

Seduto su uno scoglio

con gli occhi fissi sui pugni chiusi.

Poi due mani m’accarezzano le spalle.

Mi volto.

“Tu?”

“Io.” Mi risponde.

“Ma…”

“Non dire nulla.” M’interrompe.

Mi stringe forte, la bacio.

“No! Sono sposata!”

La bacio ancora.

“No! Ho un bambino!”

Le dico: “Principessa.”

E la bacio ancora.

Lei piange.

Mi risponde:

“Il tempo cambia il mondo, le persone.

E anche se esse non vogliono,

non possono opporsi.”

La stringo più forte a me. Le dico:

“No! Stanotte no, amore mio.

Cambiamo il tempo.

Stanotte siam più forti noi.

Vedi l’orsa maggiore?

Stanotte è la stessa di tanti anni fa.

Essa è complice di tante nostre promesse,

adesso ce le viene a ricordare.”

“Non mi tiro indietro!” Risponde.

“Questa notte è nostra.”

Sulla riva del mare, facciamo l’amore.

Per tutta la notte.

Mi sveglio al mattino, che lei non c’è.

Corro a casa sua.

Le finestre, le porte;

tutto chiuso, tutto buio.

La mimosa è fiorita.

Sto un pò a guardarla e rifletto:

il tempo non cambia il mondo,

né tantomeno le persone.

Sono loro che cambiano il tempo

con sogni e desideri.

Spesso non si realizzano,

e diventano ricordi.

Ma a volte si realizzano,

s’animano in una notte.

Poi perdono colore e profumo,

diventano ricordi.

 

Il poeta maledetto

 

Castello – scritta il 28 gennaio 1995

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Castello in cui un tempo fremeva la vita.

Dove un tempo i bimbi giocavano

mentre le madri,

li vigilavano amorevolmente.

E correvano, e ridevano i bambini.

Insieme a loro sarebbe cresciuto un re,

e avrebbe posto il suo sigillo

fuori dalle tue mura.

Le tue torri avrebbero simboleggiato

la sua potenza,

e i tuoi cannoni la sua forza.

Sarebbe stato grande fra tutti gli uomini,

sorretto dal braccio di suo padre, il re,

fino a quando non avrebbe

imparato a camminare.

In una notte di temporale

la regina l’avrebbe fatto nascere.

Suo padre attendeva

ch’egli s’affacciasse alla vita,

seduto fuori da una stanza.

La pioggia cadeva sulle tue torri,

ed ogni goccia scivolava giù,

portata via nel fango.

Mentre il cielo urlava, il re aspettava.

Ma da quella stanza non uscirono

né il nuovo re, né la regina.

Al pianto del cielo

si unì quello di un uomo.

E se la collera del temporale passò,

quella dell’uomo non ti risparmiò.

Da castello che eri, diventasti rudere.

Un tempo in te nacque la vita,

adesso ella ti sfugge.

Sui gradini di ciò che resta delle tue torri,

dove ora le erbacce ti solleticano,

avrebbe potuto crescere un re,

figlio di re.

Antico castello, cullavi la gioia,

custodendola tra le tue mura.

Ora che non hai più porte,

né più finestre;

ora che sei un rudere

e non hai gioia da custodire,

in te regna la desolazione,

seduta su di un trono vuoto.

Al tramonto, nel brontolio del vento,

tra le mura del tuo scheletro s’ode,

unito al fruscìo delle erbacce,

l’antica disperazione di un uomo,

e il pianto

di un bimbo mai nato.

 

Il poeta maledetto

 

Il futuro

Che nome dare al futuro?

C’è un bene prezioso al mondo, più prezioso della tua stessa vita.

Un bene per cui vale la pena morire, per proteggerlo e custodirlo.

Perchè in esso è racchiusa la tua vita, il senso della tua stessa esistenza.

E non esiste colore, non esiste razza.

Esiste soltanto un bene prezioso, di quelli che rconosci a prima vista,

come esso sa riconoscere a prima vista, il tuo lato migliore.

E per esso non esiste bellezza o bruttezza, non esistono quelle stupidaggini

che gli uomini chiamano: soldi, successo, sesso, benessere, potere, guerra, supremazia, male,

inimicizia, invidia, ira, odio.

Negli occhi di questo bene prezioso puoi legger solo: gioia, amore, voglia di vivere, rispetto, divertimento,

e quanto di più bello e positivo esista a questo mondo.

Perchè i suoi occhi riflettono il futuro, fragilità e debolezza la sua forza.

Perchè chi dedica ad esso la sua vita, nelle piccole cose diventa un eroe,

il più grande degli uomini.

A questo bene infinitamente prezioso,

può esser dato un solo nome:

I bambini!

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Il nostro futuro.

Il poeta maledetto