In quest’or tarda della notte, luna,
la tua argentata veste
distendi leggera sul mar,
che brontolando in delicate onde, dorme.
Tutto è silente, oh luna.
Anche tu, alta lassù in cielo.
Appresti al nostro tatto
soltanto il tuo riflesso.
Lontana stai, eppur così vicina sembri.
Luna, regina misteriosa di ciò ch’è oscuro;
si dice che tra i tanti tuoi crateri
il senno degli umani custodisci.
Ma allor perché guardando il tuo splendor
divento matto?
Quel manto tuo argentato mi simiglia
a un fiume di capelli di una donna.
Di quella donna, oh luna, che col sorriso,
rubò la vita mia, il mio destino.
Ed ora canto a te questo mio inno,
cercando in te ciò che quella donna mi prese.
Luna, più ti guardo e più mi accorgo
che sorridi come sorrideva lei.
Avvolgimi con le tue vesti argentee,
fammi dimenticar di lei.
No! Luna.
Avvolgimi come faceva lei.
Si! Non so dimenticar, non voglio.
Resto a cantar la tua magnificenza.
Col mio inno alla luna,
col mio inno a lei.
Il poeta maledetto