Migliaia di sguardi puntati su di te.
Occhi su occhi che cercan di capire,
di vedere coi tuoi occhi quel tempo antico.
Quelle passioni forti e crudeli,
che nascoste sono in ogni essere umano.
Sedate forse dalla civiltà,
nascoste in un angolo e dimenticate là.
Ma adesso che il sipario è chiuso,
dietro le quinte di questa tua
vita oltre la vita,
parlami di te, mentre pulisco questo vetro;
parlami di quei giganti e delle loro lotte.
Rivivi quei fiumi di sangue
che scorrevano in vallate deserte.
Arcigni sguardi hai visto,
per la sopravvivenza hai lottato.
Indicami la via, tu che puoi.
Infondimi questa saggezza antica
che scorgo nel tuo bianco pallore.
Parlami tu, in questo museo primo attore.
Fruscìo di vento tra quegli scheletri vibranti
cominciò la melodia del silenzio.
Continuavo il pavimento a lavare
finché di scatto mi fermai,
sedotto da quell’antico pianto
sentii quell’osso bianco parlare:
“Mai rosso sangue ha imbrattato il mio pallore,
né mai sferrato colpi ho, per uccidere e mangiare.
Non di una mano sono l’unghia,
ma di un arto posteriore.
Di strada tanta ne ho fatta
e raccontarti posso quei paesaggi.
Di quei giganti forti e buoni
che brucavan l’erba, le foglie.
Uno di quei giganti io sono.
Un’unica scena leggo nei tuoi occhi:
un agguato, un predatore, una vittima e tanto dolore.
In quella scena io son l’ucciso,
non l’uccisore.
Ho gridato per anni e anni la verità.
L’ho gridata a tutti quelli che mi guardavano,
quando si aprivano le porte
e di fronte a me si stagliavano.
Soltanto una cosa hanno visto,
quello che credevan vero e basta.
La verità è vera se ci credono gli altri.
Nessuno mi ha creduto, lo leggevo in ogni sguardo:
<< Non è vero, osso! Sei soltanto un bugiardo!>>
Ma ora nei tuoi occhi c’è il vero,
eppure con me non sei adirato.
Ti ringrazio dal profondo del cuore,
che almeno tu non m’abbia condannato.”
Finì il fruscìo, finì quel pianto.
Uscii dalla sala col pavimento appena lavato,
prima che la folla reinghiottisse l’osso
col suo pensiero sbagliato.
<<La falsità è vera in questa società>>
Ho scritto sulla porta della sala
in cui non sono più entrato.
Né mai a nessun ipocrita
il segreto di quell’osso ho svelato.
Il poeta maledetto