Scrive d’amore il giovane pastore.
Dichiara il suo sentimento
con soave candore.
Ma senza distrarsi dal proprio lavoro,
governa il suo gregge
con un nodoso bastone.
Alla sua lavandaia pensa
che nel paese è la più bella ragazza.
E intanto sognante
una pecora accarezza.
Mia dolce Martina, mia dolce fatina,
tanto felice sarei, d’averti a me vicina.
Vorrei essere con te al fiume,
accarezzare le tue bionde chiome.
Invece son qui a dannarmi d’amore.
Per non vedermi triste
Adelaide fa festa.
Ma per quanto sia bella
sempre una pecora resta!
Solo tu mi ci vorresti,
i tuoi occhi e basta.
Tanto è perso nello scrivere
che non si accorge di chi sta per arrivare.
Dal fiume al prato attraversando il bosco,
il suo pastorello, Martina sta per incontrare.
Mio dolce Andrea, mio dolce pastorello.
Cosa c’è su quel foglio?
Cosa scrivi di bello?
Si alza di scatto, nascondendo le mani.
Niente. La tua è solo impressione.
Andrea, cosa mi nascondi?
S’avvicina Martina.
S’ode uno scartocciare:
Adelaide mastica qualcosa,
Andrea sorride.
Cos’hai tra le mani?
Dice lei avvicinandosi.
Lui la stringe forte a se.
Adesso ho te. Dice.
La distanza fra i loro visi
si fa sempre più breve.
Si baciano e promettono
di stare insieme per sempre.
Lavandaia e pastorello:
Giulietta e Romeo
di un piccolo paesello.
Il poeta maledetto