Il rimorso – 6 dicembre 1995

falco.jpg

 

Vola falco su montagne e valli.

Vola e cerca la tua preda.

Sotto pioggia, neve,

vento e sole;

all’alba, al tramonto,

alla notte.

Vola instancabile,

non fermarti.

Piangi se sei stanco,

urla se ti fan male le ali,

ma non interrompere il volo.

Non fare come me che avevo lei

e l’ho lasciata andar via.

Ero stanco e mi son fermato,

ma lei non m’ha aspettato.

Ora son solo e volo,

come un falco

che ha perso il suo destino;

come un sole che non sa

se sorgere o tramontare.

Piangi falco,

ma segui il tuo cuore.

Chiamalo amore se vuoi

questo coraggio che hai.

Non abbandonarlo mai.

Piangi falco, piangi adesso

e poi con lei tu gioirai.

Non fare come me

che ho perso il suo sorriso

e adesso volo solo,

nell’azzurro di un cielo lontano.

Il predatore è preda

di un sentimento strano,

e vola nel ricordo

di averla lasciata,

di essere stato un codardo.

Piangi falco,

ma tieniti stretta lei,

che io con queste mani

ormai serrate in preghiera,

non sai quanto volentieri

la riabbraccerei.

Piangi falco,

piangi come me,

che il tuo dolore

con lei finisce;

il mio invece,

rimane in me.

 

Il poeta maledetto

 

Fotografia – scritta il 30 aprile 1995

HerKiss.jpg

 

Un respiro profondo, un sospiro.

Il mare calmo, il sole rosso,

che va a sparire in quelle onde al tramonto.

A volte ho pensato di essere un sasso:

non provare emozioni;

non guardare;

non sentire;

non parlare;

non amare.

Seduto sulla riva

ad ascoltare il canto del mare

e il respiro delle stelle.

Ma sarebbe vita quella?

Raccolgo un sasso, uno qualunque,

forse reincarnazione di uno come me.

Lo scaglio contro il sole,

ma è troppo lontano.

Non lo colpisce e cade giù,

in fondo al mare.

Fuggo via,

come le rondini al primo filo di vento.

Davanti a me c’è una stradina in salita

che porta in cima a una montagna.

Corro veloce, non vedo dove vado.

I miei occhi sono ombrati

e le mie lacrime

bagnano la polvere della stradina.

Non so per quanto ho corso.

So solo che il cielo si è fatto buio,

che sono stanco.

Mi siedo, guardo in alto.

I grilli cantano,

una stella cade giù e sparisce.

Un desiderio. Ho da esprimere un desiderio:

“Quanto vorrei tu fossi qui, con me.”

Quanto vorrei stringerti tra le braccia

e sospirare:

“Non saremo più distanti.”

Ma è inutile.

Sono solo, fermo come un sasso,

sotto un cielo così gremito di stelle,

sotto un cielo così buio e vuoto.

Nasce un nuovo giorno,

con il tepore del primo raggio di sole

che m’illumina il cuore.

Abbandono la cima della montagna,

perdendomi giù per la stradina.

C’è un pittore più avanti.

Con i pennelli, i colori e una tela.

Cosa dipinge?

Mi avvicino, e i colori prendono forma.

E’ un viso.

Un dolcissimo viso che conosco.

Una donna bellissima, forse un angelo.

Il pittore si ferma un attimo,

si rivolge a me:

“Ti piace?”

“Si. E’ un sogno!”

“Hai ragione… E’ proprio un sogno.”

Sparisce la tela;

sparisce il pittore;

sparisce la stradina;

sparisce tutto dai miei occhi.

Il viso appoggiato sul cuscino.

Lo scosto via, è tardi.

E ritrovo la tela.

L’angelo bellissimo:

una tua fotografia.

Me la stringo forte al petto.

“Quanto vorrei tu fossi qui, con me.”

A volte ho pensato di essere un sasso:

non provare emozioni;

non guardare;

non sentire;

non parlare;

non amare.

Seduto sulla riva

ad ascoltare il canto del mare

e il respiro delle stelle.

Ma sarebbe vita quella?

Cosa varrebbe un sasso

se non potesse provare emozioni?

Se non potesse guardare

il tuo meraviglioso viso?

Se non potesse sentire

la tua dolce voce?

Se non potesse parlare

e dirti che tutto sarebbe nulla,

se non potesse amare

il tuo splendido sorriso?

Chissà cosa sarebbe quel sasso

senza la luce ch’è

nella tua fotografia,

quella stessa luce che da tempo

illumina la vita mia.

 

Il poeta maledetto

 

L’albero sempreverde – scritta il 10 aprile 1995

abete66.jpg

 

Mi ricordo una collina in campagna,

dove andavo a salutare il sole al tramonto.

Lì in cima c’era un campo di papaveri.

E sotto le loro ombre,

andavamo io e te a fare l’amore.

Mi ricordo di una stradina,

che scendeva dalla collina

e arrivava a una fontana.

A quella fontana si abbeveravano i passeri.

E quando noi,

mano nella mano,

venivamo giù dalla collina,

correndo per la stradina,

loro volavano via.

Rifugiandosi tra i rami

di un albero sempreverde.

Nella corteccia di quell’albero

c’era inciso un cuore con due nomi.

Mi ricordo quella sera che litigammo.

mi voltasti le spalle tra parole

che ti dissi in un momento di rabbia

e che non pensavo affatto.

E te ne andasti via.

Corsi all’albero,

che volevo cancellare il cuore.

Ma non c’era già più.

Seduta alla fontana

c’eri tu che piangevi.

Mi ricordo una collina in campagna,

dove andavo a salutare il sole al tramonto.

Lì in cima, all’ombra dei papaveri,

la mia collera svanì.

Mi ricordo di una stradina,

che scendeva dalla collina

e si fermava ad un albero sempreverde.

Nella corteccia di quell’albero

c’è un cuore con due nomi,

che abbiamo inciso insieme quella sera,

e che nessuno ha cancellato più.

 

Il poeta maledetto

 

Bucato – scritta l’ 8 febbraio 1995

lavando.jpg

 

Macchia di sporco su una tenda bianca;

il sole del tramonto ti mette in luce

chiamandoti in causa a giudizio del mondo.

Di natura infame è pregna la tua esistenza,

volgare la tua testimonianza.

Eppur la tenda mai

alzò un dito accusatorio contro di te,

né mai ti accorgesti di essere

così tanto infamante per il mondo

che ti accolse come un figlio

e che adesso vorrebbe

tu non fossi mai esistita.

E il tuo cuore si fa scuro come il cielo,

mentre il giorno finisce.

Nel silenzio della notte,

una melodia leggera di singhiozzi

scivola via nel vento, nel tempo.

Ritorna l’alba e irradia una tenda bianca,

splendente, stesa al sole ad asciugare.

Gocciolano in terra

le lacrime di una tenda lavata di fresco,

mentre evapora il ricordo

di una sudicia macchia di sporco.

 

Il poeta maledetto

 

Tramonto – scritta il 7 ottobre 1994

gabbiano.jpg

 

Un volo di gabbiano

nel sole infuocato del tramonto.

Le onde che si infrangono sugli scogli,

con la loro dolce melodia.

E guardo il gabbiano che va chissà dove,

da solo, malinconico come me.

E vedo il sole che muore,

inabissandosi nel mare.

E scorgo i granchiolini

passeggiare sugli scogli,

per poi sparire inghiottiti dalle onde.

E resto solo, e penso a te che sei lontana.

Perché il vento non conosce il tuo nome?

 

Il poeta maledetto