La telefonata – scritta il 30 aprile 1994

 

Digito il primo numero: è otto.

Mi fermo un attimo… E se lei non c’è?

Ma no! Dev’esserci per forza.

E digito il secondo numero: due.

E se mi risponde il padre o la madre?

Inventerò una scusa.

Dirò che sono un compagno di classe,

e continuo con il terzo numero e il quarto.

Dopo c’è il sette.

Sto per premerlo ma mi fermo ancora:

e se lei non vuole ch’io la chiami a casa?

Però se non lo faccio, non lo saprò mai.

Lo premo.

Il numero dopo è il cinque,

l’ultimo è lo zero, sospiro, lo premo.

E’ fatta. Trattengo il fiato.

Squilla, risquilla;

risponde una voce: Pronto! Pronto?

Riattacco.

Era lei.

 

Il poeta maledetto