Il volontario – scritta il 7 aprile 1995

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C’era un tempo un ragazzino

che giocava a far la guerra.

Occhi rossi, color del fuoco.

Per lui, no! Non era un gioco.

Crebbe insieme ai soldatini.

Crebbe in lui quel desiderio,

per gli altri strano di sparare.

E con i rami degli alberi,

si esercitò per imparare.

Quando divenne grande,

scoppiò la guerra.

E lui per giocare,

si andò ad arruolare.

Arrivò sul fronte,

con gli occhi rossi, color del fuoco.

Voleva sparare.

E quel desiderio antico,

adesso avrebbe appagato.

Ma invece di sparare,

andò al fronte

e fu sparato.

 

Il poeta maledetto

 

La ragazza della Coca-cola – scritta il 6 aprile 1995

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Principessa di una panchina.

Quel sorriso ti fa strada tra gli altri.

I libri e i quaderni sparsi in terra.

Lo zainetto pieno di stronzate.

Nelle orecchie ancora l’eco

dei buoni consigli di mamma e papà.

La paura e il piacere

di aver marinato la scuola.

Una lattina stretta tra le mani.

Ragazzina dammi un sorso!

Ma perché mi porgi la Coca-cola?

Voglio un sorso della tua vita.

Si legge nei tuoi occhi la felicità

di una semplicità più pura.

Dammi un sorso della tua vita,

prima di sparire

nel sole del tramonto

con lo zainetto sulle spalle.

Ragazza della Coca-cola.

 

Il poeta maledetto

 

Il giardino profumato – scritta il 6 aprile 1995

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Avevo una donna che mi amava davvero.

Avevo una donna che coltivava il mio giardino.

I fiori profumavano come in nessun altro.

E una rosa rossa,

la più bella mai esistita,

vi sbocciò il primo giorno di primavera.

Poi lei andò via, lontano.

E nessuno coltivò il mio giardino

che non fossero le mie braccia,

il mio sudore.

Ma dopo tanti sforzi,

dopo tanto duro lavoro,

la rosa rossa,

la più bella mai esistita,

appassì e perse il suo profumo.

Avevo una donna che mi amava davvero.

Avevo un giardino con una rosa rossa.

Poi l’avevo persa.

Ed ero rimasto solo,

stanco e sudato.

Un giorno lei ritornò.

Ma io non avevo più

un giardino da farle curare.

Allora le offrii il mio cuore,

e lei lo coltivò

con tutto l’amore possibile.

Da quel terreno fertile

nacque una rosa rossa,

più bella della rosa rossa

più bella mai esistita.

Vi sbocciò un giorno di primavera,

e mai più appassì.

Perché lei, non andò più via.

 

Il poeta maledetto

 

La giostra – scritta il 6 aprile 1995

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Il tuo sorriso dolce,

il tuo profondo sguardo,

le tue bellissime gambe,

le tue stupende mani,

il tuo meraviglioso corpo,

i tuoi lunghissimi capelli

che mi sfiorano il viso;

mentre in un dolcissimo gioco

giri intorno al mio esistere.

Non fermarti amore,

continua a girare.

Il mondo è confuso:

sei tu, l’unica certezza.

Sorriso dolce,

profondo sguardo,

bellissime gambe,

stupende mani,

meraviglioso corpo,

lunghissimi capelli,

gira e non fermarti.

Che in questa confusa giostra,

la certezza, è solo nostra.

 

Il poeta maledetto

 

Una stella nuova – 2 aprile 1995

Questa poesia si è classificata

al secondo posto

per il premio “il samaritano”

anno 1995

su 74.415 partecipanti

 

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Barcollando,

appoggiandosi ai muri

per non cadere,

se n’andava un uomo di mezz’età,

per i vicoli bui di città.

Ai suoi occhi quelle strade,

prendevano curve strane,

e nel vuoto si perdevano.

Sconfortato, solo e triste,

s’inginocchiò in un angolo ed attese.

Da quell’angolo buio

si vedevan le stelle.

Ma eran così distanti;

perdute nel cielo.

Eran così belle che ne pianse.

Non riusciva a camminare,

e restò lì,

inginocchiato in un angolo ed attese.

Dal cielo scese una luce

che illuminò quell’angolo.

In quello stesso istante,

una donna tese la mano a quell’uomo

per farlo rialzare.

Era proprio lei.

Quella donna che lui,

tanto aveva cercato

in quei bicchieri stracolmi,

e che non aveva mai trovato.

Adesso era lì,

ad un passo da lui,

gli tendeva la mano.

Si alzò in piedi e l’afferrò.

Come il vento ruba via

i petali a una rosa,

così lei lo portò via, in cielo,

e ne fece una stella.

Quella notte una nuova stella

brillò nei vicoli bui della città.

Per tutti quelli

inginocchiati negli angoli,

che aspettavano qualcuno

che gli tendesse la mano,

che li portasse via in cielo.

 

Il poeta maledetto

Problemi di terre – scritta il 27 marzo 1995

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Saltella di qua,

saltella di là.

Eterna indecisa,

non si ferma più.

Strade bianche

percorrono verdi prati.

Una rete divide

le due proprietà.

Fra i due padroni

nessuno ti vuole.

E ti scacciano via

per i verdi campi,

saltellando di qua,

saltellando di là.

Poi, quando esausta

ti saresti abbandonata nella rete,

uno dei due padroni ti accoglie.

E tu, dispettosa pallina da tennis,

regali il punto all’avversario.

 

Il poeta maledetto

 

La moglie – scritta il 27 marzo 1995

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Voglio fuggire via,

andare lontano.

Trasportato dal vento,

voglio finire

su di un’isola deserta.

Voglio fuggire via da tutti,

anche da te.

Voglio poter sentire solo,

il dolce ondeggiare del mare.

Ecco, ci riesco,

il vento mi solleva in alto,

mi porta via.

Sono in cielo, a due passi dal sole.

E volo via lontano,

mentre ti fai piccola piccola

sotto di me.

Arrivo su di un’isola deserta.

Non odo altro

che il dolce ondeggiare del mare,

il dolce fruscìo delle palme,

il dolce silenzio del fare niente.

Raccolgo sulla spiaggia una conchiglia

e me la porto all’orecchio.

Ma che strano…

Al posto del mare s’ode una voce.

E’ la tua voce che ripete:

“caro, caro, caro.”

Un turbamento improvviso m’assale.

Il cielo scompare,

il mare scompare,

l’isola scompare.

Mi ritrovo nel letto

con te al mio fianco che ripeti:

“caro, caro, è tardi!”

“Caro, caro, svegliati!”

“Farai tardi in ufficio!”

 

Il poeta maledetto

 

‘O cardillo – scritta il 19 marzo 1995

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‘O cardillo – 19 marzo 1995

 

Nu piezzo e pane

spugnato dint ‘o llatte a matina,

dette a forza ‘a n’ommo

e campà pe na vita.

Se n’asceva ambress pe gghì a faticà,

quanno ‘o sole ancora durmeva,

e a sera turnava.

Né mugliera e né figli teneva.

Ma maje sulo se sentette,

pecché ‘a matina

nu piezzo e pane

spugnato dint ‘o llatte

‘o ccuntentava.

Fore ‘o barcone ‘o cardillo chiammava,

ch ‘e mullechelle vuleva.

E na mana ogni juorno cchiù arrappata

na scorz ‘e pane dint ‘a cajuola metteva.

Na matina ‘o piezzo e pane

dint ‘o llatte rimmanette.

‘O cardillo chiammava,

ma ‘a scorza e pane nun l’avette.

E chillu juorno,

p ‘o dulore ne murette.

– – –

Il cardellino

Un pezzo di pane

bagnato nel latte al mattino,

diede la forza ad un uomo

di vivere per una vita intera.

Usciva presto per andare al lavoro,

quando il sole ancora dormiva,

e di sera tornava.

Né moglie e né figli aveva.

Ma mai solo si sentì,

perché al mattino

un pezzo di pane

bagnato nel latte

lo accontentava.

Fuori il balcone il cardellino chiamava,

che le molliche di pane voleva.

E una mano ogni giorno più vecchia

una scorza di pane nella gabbia metteva.

Un mattino il pezzo di pane

rimase nel latte.

Il cardellino chiamava,

ma la scorza di pane non l’ebbe.

E quel giorno,

per il dolore ne morì.

  

Il poeta maledetto

 

Ladri di sogni – scritta il 15 marzo 1995

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In camera mia avevo un armadio,

e dentro l’armadio

avevo nascosto una scatola.

Ogni notte vegliavo

perché non venisse mai aperta.

E non dormivo mai.

Ma un giorno mi sono distratto.

Ho chiuso un attimo gli occhi.

Ho sognato di volare via dalla finestra,

sempre più in alto.

Ho girato intorno al sole,

mi sono perso nella luce.

Non sarei mai più tornato qui giù.

Poi ho ricordato la mia camera

e ne ho avuto nostalgia.

Son rientrato dalla finestra

e mi son svegliato

che ero immerso nella luce.

L’armadio era aperto,

la scatola, vuota.

Ladro di un mondo!

Aveva rubato i miei sogni.

In camera mia avevo un armadio,

e dentro l’armadio

avevo nascosto una scatola vuota.

Ogni notte vegliavo

perché non venisse mai chiusa.

E non dormivo mai.

Ma un giorno mi sono distratto.

Ho chiuso un attimo gli occhi.

Ho sognato di persone

che volavano via dalle finestre,

sempre più in alto.

Le vedevo girare intorno al sole,

perdersi nella luce.

Non sarebbero mai più tornate qui giù,

se non avessero avuto nostalgia.

E mi son svegliato

che ero immerso nella luce.

L’armadio era chiuso,

la scatola piena.

Ladro di un uomo!

Avevo rubato i sogni del mondo.

 

Il poeta maledetto

 

Sole di mezzanotte – scritta il 13 marzo 1995

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Sole di mezzanotte,

d’illuminare il giorno già ti vergogni;

così crudele, così malvagio.

Preferisci stare qui,

farti vedere nel silenzio della notte

tra le calotte polari.

Dove non c’è il freddo

che è nel cuore degli uomini.

Dove il ghiaccio copre il mondo,

proteggendolo dal bene e dal male.

Sole di mezzanotte,

l’aurora fa da cornice

a un quadro che non esiste.

Un orso annusa l’aria

che non porta profumi.

E tu risplendi sul nulla di qualcosa,

che è molto più grande di te.

Ma è davvero per vergogna

che qui vieni a nasconderti?

Il cervo non volle crederci

e di nascosto ti seguì.

La tigre che tanto ti stimò

a lui si unì.

Ad uno ad uno,

tutti gli amici tuoi più cari,

ti seguirono fino al polo.

Ed è li che ti trovarono;

tra due montagne di ghiaccio,

intento a scaldare

un dolce fiorellino.

Infine stremato dalla fatica

il sole morì.

E il mondo cadde

nelle tenebre più cupe.

non per molto però,

perché per il sacrificio del sole,

il fiorellino sbocciò,

liberando un nuovo sole

che si alzò alto nel cielo.

Quella notte gli animali

videro la luce della vita

del sole di mezzanotte.

 

Il poeta maledetto