Raggio di sole,
riflesso di luna,
sulla tua pelle,
sulla tua chioma bruna.
Beate le mani
che carezzare posson quella pelle.
Una volta eran le mie
ora non sono quelle.
Sospiri dati alle stelle
nei giardini nascosti,
ed in tanti altri posti.
Ma il tuo viso
si colorò di pianto.
Mi risvegliai e svanito il sogno,
se ne andò via
anche il meraviglioso incanto.
E le tue labbra,
in una smorfia
per lungo tempo durata,
quando andai via
io non l’ho più dimenticata.
Mio frutto acerbo,
dal gusto tanto dolce
nel cuore mio io muoio,
come si spense in quelle labbra
un maledetto giorno la tua voce.
E l’eco reboante del rancore
urla l’amore amaro del dolore.
Potessi io ritornar sopra i miei passi,
carezzerei in questo momento
i tuoi capelli mossi.
Un frutto acerbo avevo,
da quand’era fiore l’ho custodito.
Ma poi è caduto e si è marcito.
E solo spero che rinasca;
che dolcemente ritorni
e che di nuovo tu fiorisca.
Il poeta maledetto