Giulietta e Romeo – scritta il 6 ottobre 1995

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Scrive d’amore il giovane pastore.

Dichiara il suo sentimento

con soave candore.

Ma senza distrarsi dal proprio lavoro,

governa il suo gregge

con un nodoso bastone.

Alla sua lavandaia pensa

che nel paese è la più bella ragazza.

E intanto sognante

una pecora accarezza.

Mia dolce Martina, mia dolce fatina,

tanto felice sarei, d’averti a me vicina.

Vorrei essere con te al fiume,

accarezzare le tue bionde chiome.

Invece son qui a dannarmi d’amore.

Per non vedermi triste

Adelaide fa festa.

Ma per quanto sia bella

sempre una pecora resta!

Solo tu mi ci vorresti,

i tuoi occhi e basta.

Tanto è perso nello scrivere

che non si accorge di chi sta per arrivare.

Dal fiume al prato attraversando il bosco,

il suo pastorello, Martina sta per incontrare.

Mio dolce Andrea, mio dolce pastorello.

Cosa c’è su quel foglio?

Cosa scrivi di bello?

Si alza di scatto, nascondendo le mani.

Niente. La tua è solo impressione.

Andrea, cosa mi nascondi?

S’avvicina Martina.

S’ode uno scartocciare:

Adelaide mastica qualcosa,

Andrea sorride.

Cos’hai tra le mani?

Dice lei avvicinandosi.

Lui la stringe forte a se.

Adesso ho te. Dice.

La distanza fra i loro visi

si fa sempre più breve.

Si baciano e promettono

di stare insieme per sempre.

Lavandaia e pastorello:

Giulietta e Romeo

di un piccolo paesello.

 

Il poeta maledetto