Amore non è amore se muta…

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Amore non è amore

se muta quando scopre un mutamento

o tende a svanire quando l’altro s’allontana.

Oh no!

Amore è un faro sempre fisso

che sovrasta la tempesta e non vacilla mai.

Amore non muta in poche ore o settimane,

ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio…

Se questo è errore e mi sarà provato

io non ho mai scritto… E nessuno ha mai amato…

 

William Shakespeare

Appassita rosa – scritta il 17 settembre 2008

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Rosa mia adorata, inebriato fui
profumo tu volesti cedermi.
E d’amore m’ebbriai.
Come mieloso nettare assaporai,
mangiai, goloso
senza mai saziarmene.
E pretesi e presi.
Di giorno in giorno,
a goccia a goccia presi.
Senza capire che veleno ess’era.
Senza capir che la mia anima ti davo.
E d’un bocciolo mi facesti dono,
perch’io più forte mi stringessi a te,
ch’io non sentissi quelle spine,
che il cuor straziando mi trafissero.
Ed appassita rosa, ora io ti guardo.
Ché liberar non posso la mia essenza,
avvinto a questo rovo,
di cuore e spine in unica presenza.
Tu che volasti via col primo vento,
veleno tuo lasciasti in me
ch’io ne morissi,
ma lentamente.
Più strazio ancor ti vuoi cibare,
com’io di nettare pretesi, volli.
Un grido mio, l’ultimo,
ti troverà nel vento,
ma non compiacerà le membra tua.
Gelare in petto quel che resta del tuo cuore sentirai.
Mia rosa, mia tomba,
un modo c’è ch’io possa liberarmi.
Un modo che rosa sapea ma rifiutava,
un modo ch’or tu distratta hai scordato.
Ma vinto, no, non sono.
Sconfitta tua, ch’abbandonasti amore.
Legato a me, appassito e vinto,
il cuore tuo tra rovi e spine mi lasciasti.
Leggera volerai, ma senza cuore,
non più timone avrai tra turbinii e folate.
Povera rosa mia, mia d’un eterno passato amata.
Le tue radici strinsi tra le mani
ed or le strappo a questa terra.
Io me ne vado in un ricordo,
quel che di rosa amai,
or più non v’è.
E me ne andrò col mio passato,
e il tuo futuro tra le dita.

 

Il poeta maledetto

PER LA DONNA, L’AMORE NON HA ETA’

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Lei è come un violino stradivari,

unica opera d’arte,

immutabile nel tempo.

Ma mettila in mani inesperte e stonerà.

Lascia che sia un maestro

a pizzicar le sue corde…

E ad ogni età,

un’armoniosa melodia d’amore

ascolterai.

 

Il poeta maledetto

Il ritorno – scritta l’ 8 gennaio 2001

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E ritorno a parlarvi d’amore,

del mio fragile ed inutile cuore.

Di quel cuore che in mille battaglie

ha vissuto, è perito e rinato.

La sua lingua ha milion di parole,

il cui suono io m’ero scordato.

Ma è tornato,

son sicuro d’averlo ascoltato.

M’ha parlato…

Quel ch’ha detto;

tutto l’ho scritto!

 

Il poeta maledetto

 

L’amore vero è follia!

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L’amore vero è follia,
è dare incondizionatamente
e senza limiti,
senza pensarci.
L’amore vero è questo,
ma può alimentarsi
solo di amore vero.
Se non vi è contropartita,
brucia intensamente
come una stella,
rischiarando tutto ciò
che lo circonda.
Ma bruciando troppo
e troppo in fretta,
velocemente si spegne.
E muore.

 

Il poeta maledetto

Fiorire e amore – scritta il 6 maggio 1996

 

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Raggio di sole,

riflesso di luna,

sulla tua pelle,

sulla tua chioma bruna.

  Beate le mani

che carezzare posson quella pelle.

Una volta eran le mie

ora non sono quelle.

Sospiri dati alle stelle

nei giardini nascosti,

ed in tanti altri posti.

Ma il tuo viso

si colorò di pianto.

Mi risvegliai e svanito il sogno,

se ne andò via

anche il meraviglioso incanto.

E le tue labbra,

in una smorfia

per lungo tempo durata,

quando andai via

io non l’ho più dimenticata.

Mio frutto acerbo,

dal gusto tanto dolce

nel cuore mio io muoio,

come si spense in quelle labbra

un maledetto giorno la tua voce.

E l’eco reboante del rancore

urla l’amore amaro del dolore.

Potessi io ritornar sopra i miei passi,

carezzerei in questo momento

i tuoi capelli mossi.

Un frutto acerbo avevo,

da quand’era fiore l’ho custodito.

Ma poi è caduto e si è marcito.

E solo spero che rinasca;

che dolcemente ritorni

e che di nuovo tu fiorisca.

 

Il poeta maledetto

Amore tu – scritta il 26 dicembre 1995

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Un attimo basta

a perdersi nel tuo sguardo.

Nell’infinito buio di un cuore

che non ti può avere.

Dolcissime labbra

che strappaste all’anima mia il ricordo

di un’età in cui cercavo l’amore

e non trovavo che me;

ora che ti ho davanti e ti guardo

mi accorgo di aver trovato l’amore

e di perderlo.

Ti stringerei fra le mie braccia amore

ma inutile sarebbe prolungare questi attimi.

Ti prego va via.

Prima che il mio dolore si esprima.

Lasciami affondare in una lacrima.

Lasciami solo a ricordare

di quando tu non c’eri.

Ma poi dov’eri?

Perché non ci conosciamo da sempre?

Tu sei nata mia,

sei dentro di me

e adesso vai via.

Un bacio ti prego

per dire addio a un cuore

e all’anima mia.

 

Il poeta maledetto

 

Come una farfalla – 13 dicembre 1995

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Come una farfalla

che vola instancabile sui fiori

nei prati di colline verdi,

e si posa e poi rivòla libera;

vola su di me

spirito libero come sei,

allontanami dal mondo,

librami sulle tue ali amore.

Accarezza le mie labbra,

come una nuvola

che delicatamente avvolge la luna.

Oscura il cielo,

‘che a illuminare il mondo

basterà il nostro amore.

Nel silenzio era nascosto un cuore,

egli aspettava solo un nome:

il tuo.

Onde del mare in tempesta,

sbattono sulla spiaggia

dove io e te

giochiamo all’amore.

Tra sorrisi, sguardi

e dolci carezze,

al silenzio hai strappato un cuore,

hai sussurrato un nome

avvicinandoti a me;

ed ora quel cuore

batte solo per te.

Vola un palloncino

e porta con se un biglietto,

dopo giorni e dopo notti

è da te che arriverà.

Dagli un tuo sincero bacio

ed esso te lo renderà.

Mentre al mio cuore

il tuo destino legavo,

su quel biglietto

ho semplicemente scritto:

ti amo.

 

Il poeta maledetto

 

Giulietta e Romeo – scritta il 6 ottobre 1995

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Scrive d’amore il giovane pastore.

Dichiara il suo sentimento

con soave candore.

Ma senza distrarsi dal proprio lavoro,

governa il suo gregge

con un nodoso bastone.

Alla sua lavandaia pensa

che nel paese è la più bella ragazza.

E intanto sognante

una pecora accarezza.

Mia dolce Martina, mia dolce fatina,

tanto felice sarei, d’averti a me vicina.

Vorrei essere con te al fiume,

accarezzare le tue bionde chiome.

Invece son qui a dannarmi d’amore.

Per non vedermi triste

Adelaide fa festa.

Ma per quanto sia bella

sempre una pecora resta!

Solo tu mi ci vorresti,

i tuoi occhi e basta.

Tanto è perso nello scrivere

che non si accorge di chi sta per arrivare.

Dal fiume al prato attraversando il bosco,

il suo pastorello, Martina sta per incontrare.

Mio dolce Andrea, mio dolce pastorello.

Cosa c’è su quel foglio?

Cosa scrivi di bello?

Si alza di scatto, nascondendo le mani.

Niente. La tua è solo impressione.

Andrea, cosa mi nascondi?

S’avvicina Martina.

S’ode uno scartocciare:

Adelaide mastica qualcosa,

Andrea sorride.

Cos’hai tra le mani?

Dice lei avvicinandosi.

Lui la stringe forte a se.

Adesso ho te. Dice.

La distanza fra i loro visi

si fa sempre più breve.

Si baciano e promettono

di stare insieme per sempre.

Lavandaia e pastorello:

Giulietta e Romeo

di un piccolo paesello.

 

Il poeta maledetto